Caselli, il Pd e la persecuzione dell'Onda

The song remains the same

L'operazione Rewind e ciò che c'è dietro

8 / 7 / 2009

Il procuratore Caselli vede troppi film. All’epoca la serie del Padrino lo indusse a costruire l’indagine sulla mafiosità di Andreotti intorno al presunto bacio fra il Divo Giulio e Totò Riina. Con gli esiti disastrosi per l’antimafia che sappiamo e con grande giubilo dell’indagato. Adesso tocca ai Trecento, che già ispirarono Alemanno a proposito dei sovversivi della Sapienza. E dunque sentenzia (purtroppo le “sentenze” anticipate dei giudici significano carcerazione preventiva) che «a fronte di un corteo di circa tremila manifestanti dissenzienti che sono rimasti al di fuori di qualsiasi iniziativa che potesse avere rilevanza penale circa 300 persone hanno messo in atto comportamenti di violenza indiscutibile». Una volta fatta questa delimitazione è chiaro 1) che l’indagine non è rivolta «contro questo o quel gruppo, contro questa opinione o quell'altra» ma contro reati commessi da soggetti singoli, 2) che in fin dei conti la raffica di mandati «è stata una operazione in difesa della libertà di pensiero perché, intervenendo contro i violenti, abbiamo inteso difendere la libertà di manifestare di quei soggetti che lo fanno con comportamenti che utilizzano legittimamente lo strumento della democrazia». Ovvero contro i responsabili di una «mutazione genetica di un corteo che fino ad allora si era svolto in maniera legittima e pacifica». Quanto è umano lei e financo aggiornato scientificamente! Aspettiamo solamente qualche testimonianza sul bacio fra gli arrestati e Bin Laden. Gli fanno eco il prefetto Di Stefano, che supporta l’accusa con profonde considerazioni di tattica militare, che hanno richiesto settimane di lavoro della divisione antiterrorismo: «Dei manifestanti inseriti nei cortei a un momento concordato e nel luogo prescelto si travisano il volto, indossano dei giubbotti neri e repentinamente assumono una formazione para-militare». Prima della tattica la strategia: «A monte dei black block c'é un'organizzazione composta da elementi dimoranti in città diverse, con qualche straniero, che in stretto collegamento studiano verosimilmente anche con sopralluoghi, le tecniche di guerriglia, scegliendo i luoghi, gli orari e le circostanze più opportune». Ma va!?
Torniamo all’esecuzione, secondo le auree considerazioni del Gip che ha convalidato le richieste di arresto della Procura: i manifestanti «Travisati con caschi, sciarpe e altri indumenti, avanzano dietro ad uno striscione che in realtà nascondeva una sorta di scudo-ariete» –anche lui ha visto Trecento e ha qualche ricordo ginnasiale della falange– «formato da plexiglas e ferro». Spartano è il lancio di oggetti contundenti, «pietre, cubetti di porfido, mazze di ferro». Moderno, anzi postmoderno è l’uso di «bombe carta e artifici pirotecnici», che sarebbero poi i fumogeni colorati nel comune uso linguistico. Più macabro l’accenno al «getto di alcuni estintori», che fa tornare in mente la ricostruzione poliziesca dell’assassinio di Carlo Giuliani. Ma soprattutto esilarante è la riflessione sul carattere para-militare dell’organizzazione dei manifestanti per file compatte. Non leggemmo in ormai polverosi libri di storia (e forse ammirammo nella Marseillaise di Jean Renoir) la svolta rivoluzionaria che apportò l’ordinamento in colonne nella battaglia di Valmy (1792) rispetto allo schieramento per file parallele degli eserciti monarchici? Adesso abbiamo una svolta tattica moltitudinaria? Studino, studino i procuratori torinesi. E meditino sul clamoroso flop mediatico di un’operazione maldestra che ha messo in imbarazzo le strategie giottine del governo, che tutto voleva tranne un ciclo di occupazioni universitarie a ridosso del summit.
REWIND, il nome dell’operazione. Infatti siamo tornati indietro, un replay delle indagini torinesi sulle Brigate rosse e del processo Andreotti, due tipiche imprese del Nostro. Una volta collocato il procuratore Caselli nel posto che gli compete nella Storia Universale della Stupidità Umana, domandiamoci se dietro c’è qualcos’altro. Nei casi precedenti c’erano Violante e Fassino. Sospettiamo che ora ci sia la manina soprattutto del secondo, ex-segretario Ds, poi “prestigioso” rappresentante europeo per la tutela dei diritti umani in Birmania e sponsor dell’eteroclita cordata (minoritaria) Franceschini-Serracchiani-Rutelli nella battaglia per la leadership Pd. Buon candidato per la Storia Universale di cui sopra. Magari non privo di contatti con quel ramo dei Servizi che, come è stato detto, gioca su due fronti, per destabilizzare Berlusconi e tenere a freno l’antagonismo. L’idea che il Pd possa, nell’ambito di un governo di unità nazionale con l’Udc e una formazione finiana o un Pdl deberlusconizzato, porsi come garante dell’ordine pubblico è ovviamente nefasta, ma che ciò cominci a realizzarsi prima e non durante o dopo la caduta di Berlusconi è un tratto di stupidità specificamente fassiniano. Comunque a noi interessa la rapida liberazione di detenuti di cui siamo orgogliosi e ci rallegriamo della prontezza di risposta del movimento. Progetti repressivi duri o morbidi, frontali o selettivi non passeranno e il patetico discorso sui facinorosi infiltrati non è riuscito neppure ad affacciarsi in prima pagina sul Corriere della Sera. Finiti i bei tempi, eh Caselli?