Venezia- Pensavo fosse una casa e invece era un bnb

4 / 5 / 2020

Un testo del collettivo universitario veneziano Li.S.C., che denuncia le politiche residenziali di Ca’ Foscari, che continua a essere improntata allo sfruttamento del territorio e della popolazione studentesca. Su iniziativa del rettore Ferlenga è stato firmato un protocollo di intesa tra Comune, Iuav, Confedilizia Venezia, Abbav e associazione Agata, affinché circa 30.000 posti letto vuoti tra b&b, affittacamere e simili vengano destinati almeno fino al 2021 a studenti e studentesse degli atenei veneziani. Ma quali sono le vere intenzioni di questo progetto?

“Così rinasce venezia”, “Agli studenti le case rimaste senza turisti”. Questi sono solo due esempi dei titoli trionfalistici che ci siamo ritrovate a leggere martedì sui giornali locali. Il sindaco Brugnaro, il rettore Iuav Ferlenga, le categorie di albergatori e affittuari, insieme a Ca’Foscari, tutte allineate e compatte, a gongolare e rivendicare la grande rivoluzione per la questione abitativa in città. Ma non è tutto oro ciò che luccica, soprattutto se abbonda di retorica trita e ritrita (quando volte abbiamo letto titoli simili, anche sulla recente costruzione del campus di Santa Marta…) da campagna elettorale. Mettiamo allora un po’ di ordine. Su iniziativa del rettore Ferlenga è stato firmato un protocollo di intesa tra Comune, Iuav, Confedilizia Venezia, Abbav e associazione Agata, affinché circa 30.000 posti letto vuoti tra b&b, affittacamere e simili vengano destinati almeno fino al 2021 a studenti e studentesse degli atenei veneziani. La prima a rispondere entusiasta all’idea di Ferlenga è stata proprio Abbav (associazione che riunisce i gestori di b&b, locazioni turistiche e guest house): già questo è un evidente campanello d’allarme. Quali sono le vere intenzioni di questo progetto? Perché fino ad oggi nessuno si è mai preoccupato di questi 30.000 posti letto che andavano a togliere spazi abitativi e progetti di vita alla componente studentesca, e ora c’è tutta questa fretta e sinergia?

La risposta è tanto semplice quanto preoccupante. La verità è che i nostri atenei stanno offrendo i propri studenti come carne da macello su cui generare profitto, in attesa che ritorni la preda grossa, il turismo di massa da spellare fino all’osso. L’idea di appaltare agli studenti le case rimaste vuote a causa dello stop dell’industria del turismo in città, in attesa che esso possa tornare con tutta la sua prepotenza estrattivista, dimostra come alcune istituzioni vedano nel post-covid solo un’occasione per tornare a speculare e fatturare come prima, più di prima. Se fino a due mesi fa la componente da cui estrarre profitto (per pochi) era il turismo, ora quella componente non c’è più, ma la si può ricercare e ricreare tra le migliaia di studenti che frequentano i nostri atenei. Il modello speculativo che ha portato al collasso questa città dunque non cambia, rimane identico a sé stesso, muta solo la categoria umana utile a mantenerlo e riprodurlo: dai turisti agli studenti, in attesa di tornare ai primi.

Ma c’è di più, ovvero che gli studenti non serviranno solo a tenere in vita tale modello di gestione liberista della città; noi tutte serviremo, secondo questo accordo, a salvare l’economia e le entrate dei bnb, degli albergatori, di chi detiene e affitta a prezzi folli decine e decine di appartamenti. In pratica, serviremo a non far affondare chi, per tutti questi anni, ha affondato noi, chi ha impedito a migliaia di persone di studiare serenamente e con dignità a Venezia, e magari di rimanerci pure. La cosa peggiore è che a garantire tutto ciò non sarà una multinazionale, un privato senza scrupoli o un soggetto simile. No. A garantire questa giostra saranno le cosiddette istituzioni culturali e accademiche di questa città. Iuav e Ca’ Foscari, ancora una volta, dimostrano di essere attrici fondamentali del tessuto cittadino, ma solo per metterlo a rendita, per sfruttarlo, svenderlo, distruggerlo. Perché saranno proprio i due atenei, insieme all’Accademia e al Conservatorio (allegramente riuniti nell’organo “Study in Venice”) a consegnare le liste di studenti che potrebbero essere assegnatari di queste case. Per l’ennesima volta la nostra università appoggia e alimenta la monocoltura turistica veneziana, persino ora che il turismo non c’è, usando le nostre vite e le nostre esigenze abitative per colmare il vuoto lasciato dal turismo, in attesa del suo ritorno; una volta tornati alla “normalità”, gli studenti verranno nuovamente cacciati da queste case a loro concesse (non a caso si parla di affitti a breve termine). Stare al fianco di chi ha distrutto questa città è una colpa gravissima di cui l’ateneo si macchia per l’ennesima volta, con l’aggravante che questa volta siamo nel mezzo di una crisi epocale, della quale lo stesso ateneo sembra fregarsene ampiamente (vedi lettera). Non solo, partecipare a questo teatrino equivale a prestarsi alla campagna elettorale di Brugnaro, che infatti ringrazia e passa all’incasso: è lui il salvatore di Venezia e degli studenti. Complimenti Ca’ Foscari, complimenti Bugliesi: all in!

Dentro a questa cornice, che per noi è il vero motivo per cui tale accordo è nato proprio ora, si pongono ulteriori, spinose, questioni. La prima è assai semplice: come le paghiamo queste case? Come già detto, viviamo una crisi spaventosa: c’è chi ha perso il lavoro con cui poteva mantenersi (magari in nero o sottopagato) o ha visto licenziati i propri genitori. Fondi economici dal ministero non sembrano arrivare. In tanti stiamo reclamando reddito, diritti, assistenza economica per gli studenti, ma di tutto questo non abbiamo mai sentito parlare nelle varie dirette del presidente del consiglio. Come ciliegina sulla torta, nemmeno il nostro ateneo sembra intenzionato a varare seri provvedimenti in tal senso, forse perché troppo occupato a vantarsi in TV delle lezioni on line, o a svendere il diritto all’abitare (e quindi allo studio) agli albergatori. A fronte di tutto ciò, in tale accordo non viene nemmeno presa in considerazione la possibilità di affittare queste case con prezzi calmierati, o comunque a ribasso. Anzi, si parla di “prezzi di mercato”. Li conosciamo bene noi quei prezzi, sappiamo che sono spesso folli e insostenibili. Pensare di affittare a quei prezzi, nel pieno di una crisi economica spaventosa, è degna solo del peggior strozzino.

E ancora: di chi sono queste case? Si è almeno pensato di coinvolgere in tale patto solo quei piccoli proprietari di casa che affittano il loro alloggio (magari ereditato) per poter arrivare a fine mese? Di casi del genere ce ne sono in questa città: non sono pochi i lavoratori sottopagati che si sono trovati nella situazione di affittare la casa di famiglia, magari trasferendosi in terraferma, per poter arrivare a fine mese. Tuttavia essi sono una minoranza, e in tale patto non viene fatta distinzione alcuna tra loro e i grandi proprietari, le società per azioni, le holding immobiliari. È facile immaginare che sarà proprio questa seconda categoria la vera protagonista di questo affare, dato che sono loro a detenere la maggior parte di bnb e camere per turisti. Così, in una sola mossa, questi privati non solo potranno salvarsi economicamente grazie al nostro ateneo, ma potranno anche fare cassa, rinforzarsi, per planare sul mercato immobiliare e comprare fondi, case, appartamenti a prezzi bassissimi da chi li dovrà svendere perché travolto dalla crisi e magari, di nuovo, scappare in terraferma. Una città che si svuota, alla faccia della rinascita.

Molte altre questioni si intrecciano ancora: ad esempio, le spese di manutenzione saranno garantite dal Comune, che andrà dunque a finanziare concretamente e direttamente la manutenzione di appartamenti destinati a tornare ad essere bnb per turisti. Non male, per un affittuario: non solo ti riempiono la casa in piena crisi, te la sistemano pure a zero spese!
E ancora: secondo l’accordo gli studenti dovrebbero essere supportati da fantomatiche borse di studio finanziate e accordate con le istituzioni bancarie e/o assicurative: il modello americano che ha portato alla rovina migliaia di persone. In concreto infatti questo vuol dire progettare un futuro in cui gli studenti dovranno indebitarsi per avere una casa e dei servizi. Non più diritto allo studio, nemmeno quello tagliato e privatizzato, ma direttamente privilegi da pagare, preferibilmente indebitandosi. Il coinvolgimento delle banche poi rende ancor più evidente il progetto scellerato che sta dietro a tutto questo; è previsto dall’accordo che “confrontandosi con istituti bancari e assicurativi, fondazioni, amministrazioni pubbliche si dovrà verificare la possibilità di chiudere accordi per minimizzare i rischi per i proprietari: mancato pagamento del canone, mancato rilascio dello stesso a fine contratto o da danni all’immobile”. In poche parole, il bnb va pagato fino alla fine e anche salvaguardato da eventuali danni dei soliti studenti casinisti, sia mai che il turista quando torna trova qualcosa di rotto!

Nel frattempo, le residenze universitarie continuano ad essere un grande buco nero, uno scandalo: prezzi altissimi per spazi ristretti e pochi “servizi”, con l’obbligo scandaloso di lasciare gli edifici durante la stagione estiva. Ca’ Foscari rimane silente, non si vedono all’orizzonte sostegni per chi vive in quelle strutture, né l’intenzione di ridiscuterne i costi e gli affitti. La residenza di Camplus a Santa Marta costituisce poi un ulteriore problema: come farà il nostro caro rettore a stiparla di turisti estivi provenienti magari dalle grandi navi, ora che i flussi sono fermi? Farà forse ricadere i mancati incassi su di noi? Ci aspettano forse tasse più alte, affitti delle residenze portati alle stelle? Sembra fantascienza, ma dopo un accordo simile nulla è impossibile, soprattutto se si pensa che nessuna forma di aiuto sarà messa in campo dal nostro ateneo: dal rifiutarsi di cancellare le tasse ad alzarle, il passo è breve.

Di fronte a tutto questo, la nostra posizione rimane chiara. Da anni denunciamo come la politica residenziale di Ca’ Foscari sia improntata allo sfruttamento del territorio e degli studenti. Da anni diciamo che l’ateneo è nemico di chi vuole vivere in questa città, invece che impegnarsi in progetti seri e virtuosi per ripopolarla. Abbiamo occupato a scopo abitativo interi immobili abbandonati dall’università, dopo la crisi del 2008. Abbiamo portato migliaia di persone a manifestare contro la svendita del patrimonio e del diritto allo studio, sotto lo slogan INVENDIBILI. Abbiamo rivendicato una città diversa e migliore grazie alla campagna #bellamacivivrei. Sappiamo che i diritti non si chiedono, si pretendono e si conquistano. Sappiamo che un un’università migliore la si ottiene con le lotte, non con le mediazioni fatte ai tavoli del potere (a cui tanti sembrano ora aspirare…). Sappiamo come far valere le nostre idee e i nostri sogni, sappiamo come realizzarli, passo dopo passo, camminando insieme, con tante e tanti. Lo abbiamo già detto, vogliamo case, non alberghi. Andiamo a riprendercele: settembre è vicino, una città migliore è a un palmo di mano