Cile: No alla Legge “grilletto facile”

13 / 4 / 2023

Questa settimana sono state approvate in Cile due leggi importanti: la riduzione della settimana lavorativa da 45 a 40 ore (proposta dalla maggioranza) e la Legge “grilletto facile” che permette alla polizia un maggiore uso della forza, anche letale (proposta dall’opposizione di destra). Dopo dibattiti e modifiche, entrambe le leggi hanno ricevuto appoggio bipartisan in parlamento, con l’eccezione del Partito Comunista che non ha votato la Legge “grilletto facile”. Ad ogni modo, l’approvazione di quest’ultima segna un significativo cedimento a destra da parte di un governo che – ancora di più dopo la sconfitta della riforma tributaria dovuta alla defezione di tre deputate – non controlla il parlamento e perde popolarità tra la cittadinanza. In parallelo, di fronte al diffondersi della criminalità organizzata transnazionale nel paese, la narrazione securitaria e anti-immigrazione legittimata dai grandi media acquisisce spazi sempre più ampi. Le organizzazioni di movimento – per quanto tuttora acciaccate dalla sconfitta del referendum per la nuova costituzione – si sono però mobilitate per l’opposizione sociale alla deriva securitaria e per la continua costruzione di immaginari alternativi. A questo proposito, proponiamo la traduzione del comunicato della Coordinadora Feminista 8 Marzo contro la Legge “grilletto facile”.

Come difensore dei diritti umani dei popoli, oggi, una volta di più, alziamo la voce facendo appello urgente a tutta la cittadinanza per denunciare e fermare l’avanzata fascista di una agenda legislativa securitaria mirante a perpetuare con indifferenza assoluta le violazioni sistematiche dei diritti umani, continuando a sostenere le azioni arbitrarie e discrezionali delle forze dell’ordine in uno stato democratico e di diritto. La Legge “grilletto facile” (Legge Naín-Retamal) non solo rende più profonda l’impunità storica delle forze dell’ordine ma stabilisce anche misure altamente preoccupanti come la “legittima difesa privilegiata” che fornisce sostegno normativo all’uso sproporzionato della forza, trasgredendo i principi di eguaglianza, necessità e proporzionalità propri di ogni stato di diritto.

Attenzione! Questo progetto di legge contiene una casistica di situazioni in cui i funzionari della polizia sono liberi di utilizzare legalmente le proprie armi di servizio. In tali casi, le forze dell’ordine saranno esenti da responsabilità legali e le accuse saranno invece rivolte alle vittime, le quali dovranno provare di non aver commesso gli atti che avrebbero giustificato l’aggressione ai propri danni. La nuova causale di legittima difesa privilegiata può limitare l’esercizio delle garanzie giuridiche per le vittime di violazioni dei diritti umani. Il testo della norma è ambiguo e privilegia l’interpretazione soggettiva dell’agente coinvolto nei fatti in merito alla legittimità o meno della difesa. Le maggiori facoltà attribuite alle forze dell’ordine per l’uso di armi da fuoco renderanno più difficile investigare e sanzionare i responsabili di uso illegittimo della forza.

C’è inoltre l’impossibilità di accedere a pene alternative per i delitti contro le forze dell’ordine (anche lievi lesioni). In caso di difesa contro attacchi da parte della polizia, non potremo invocare la legittima difesa e – anche se si tratta di lesioni minime – la pena dovrà essere scontata in carcere. Questo ci lascia completamente indifese e indifesi e sopprime il principio etico dell’uguaglianza di fronte alla legge.

La nostra stessa storia e gli esempi internazionali ci hanno dimostrato che le leggi “grilletto facile” non solo non contribuiscono alla sicurezza pubblica ma sono anche un pericolo per coloro che vivono nei quartieri vulnerabili e in particolare per chi ha bisogno di maggiori protezioni (come donne, migranti, bambine, bambini e adolescenti sotto tutela statale, persone private della libertà, ecc.) in contesti attraversati da una violenza che non farà altro che aumentare se i Carabineros potranno fare uso indiscriminato della forza. Sappiamo che il grilletto facile non sarà per i narcos milionari ma per le nostre famiglie, amiche e amici, vicine e vicini. Questo è accaduto durante la dittatura ma anche in democrazia, per esempio con il massacro di Apoquindo nel 1993, il caso di Manuel Gutierrez nel 2011 e la repressione della rivolta sociale nel 2019.

Oggi la polizia attraversa una crisi di legittimità. Sono state commesse gravissime violazioni dei diritti umani in dittatura, durante la rivolta sociale e sistematicamente nel Wallmapu. Molti casi restano ancora impuniti. Inoltre, l’istituzione securitaria è sommersa da una escalation d’illegalità e corruzione al proprio interno. Periodicamente veniamo a sapere di Carabineros coinvolti in traffici di armi, droga e legname rubato e in malversazioni di risorse pubbliche. Tutto ciò è in buona parte dovuto alla nefasta eredità della dittatura, che ha precarizzato le nostre vite e aperto le porte al narcotraffico.

Continuiamo a rivendicare una riforma strutturale della polizia nel nostro paese, integrando soprattutto una reale prospettiva di diritti umani nella sua formazione. È necessario realizzare cambiamenti sostanziali per poter prevenire i delitti e garantire una vera protezione agli abitanti del nostro territorio. Facciamo anche un appello alla mobilitazione e all’allerta per frenare l’agenda repressiva portata avanti dalla destra populista con l’allarmante complicità della maggioranza di governo. Il fatto che questa legge sia stata votata alla camera il 29 marzo [Giornata del giovane combattente] è un chiaro segnale della carica autoritaria che rende più profonda l’impunità passata, presente e futura, un’offesa alla memoria dolorosa di un paese con una lunga storia di violazioni dei diritti umani.

Condanniamo anche i grandi mezzi di comunicazione e la loro agenda di terrorismo mediatico, che di fronte a una crisi della sicurezza esacerba deliberatamente un clima di angustia promuovendo soluzioni populiste e “punitiviste”, igienizzando una narrazione fascista che non fa altro che renderci più vulnerabili all’arbitrarietà delle forze dell’ordine. Invitiamo a discutere e costruire alternative per dare risposte al problema della sicurezza non con la repressione e l’impunità ma con lo sviluppo della cura, dell’organizzazione territoriale e della sicurezza di quartiere.

A cinquant’anni dal colpo di stato, la memoria ci spinge a lottare per un futuro che ci permetta di sviluppare pienamente a vita, libere e liberi dalla violenza nelle strade e nelle nostre case, un futuro con una democrazia sostanziale che impedisca alle forze dello stato di ritorcersi nuovamente contro i popoli.

Lo slogan “Nunca mas”, presente nell’immagine di copertina, assume grande popolarità perché titolo di un documento datato settembre 1984 e realizzato dalla CONADEP, la Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas, voluta dall’allora neo-presidente argentino Raúl Alfonsín, per indagare su migliaia di casi di desaparecidos, quelle sparizioni improvvise avvenute durante la dittatura a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Il rapporto, basato su una grande quantità di testimonianze riguardanti sequestri, torture ed eliminazioni, ha descritto pratiche comuni e diffuse, attuate quotidianamente dalle autorità militari, al solo scopo di reprimere gli oppositori al regime, in completa violazione dei diritti umani e politici. In seguito si è assistito ad una grande diffusione e fruizione del Nunca Más, i suoi usi diversi e le sue nuove interpretazioni nel contesto di una lotta per dotare di significato un passato doloroso, dando a questa frase un’accezione tanto precisa quanto solida alla storicizzazione di un passato che è ancora presente.