La Francia interviene in Mali, per conto proprio e per conto terzi, nel tentativo di controllare il disordine di quella fascia d'Africa che si incastona tra quella araba e quella nera.

Guerra in Mali

13 / 1 / 2013

E’ cominciata la guerra. Povero Mali (e un pensiero agli ostaggi)

Forte del consenso internazionale la Francia sta conducendo in Mali una guerra in piena regola: uso di aerei, truppe a terra, e Hollande ufficializzandola, ha detto che l’intervento francese andrà avanti fino a quando ce ne sarà bisogno, quindi non si tratta di un mordi e fuggi ma di un vero e proprio dispiegamento sul terreno. La priorità era quella di impedire l’avanzata dei miliziani islamisti verso sud, verso la capitale Bamako. E il fatto che fossero già a pochi chilometri da Mobtì, a Konna – oggi riconquistata dall’esercito maliano grazie ai soldati francesi – evidentemente ha accelerato tutto.

La Francia e la diplomazia internazionale – contrari solo Algeria e Mauritania – volevano un intervento africano sotto egida Unione Africana. Quello in corso invece è una missione francese (più qualche soldato nigeriano e forse senegalese) sotto egida Onu.

Insomma la Francia è di nuovo in guerra in Africa probabilmente perché la missione africana andava per le lunghe e c’erano forti disaccordi interni. Inoltre l’esercito del Mali, al quale doveva essere affidata la prima linea, era totalmente incapace di assumersi il compito. Se la Francia non avesse accelerato tutto e preso in mano la situazione probabilmente i miliziani sarebbero già alle porte di Bamako.

Sta di fatto che la politica estera della Francia in Africa sembra non essere mai cambiata, dagli anni sessanta ad oggi. Proprio pochi giorni fa Hollande aveva dichiarato – a proposito della crisi in Centrafrica – che sono finiti i tempi in cui Parigi difendeva la stabilità dei regimi, adesso la Francia – aveva detto – difende solo i propri cittadini e i propri interessi. I fatti lo hanno smentito. Negli ultimi due anni Parigi ha sulle spalle tre interventi in Africa: Libia, Costa D’Avorio e, adesso, il Mali.

Infine un ragionamento sugli aspetti militari. Adesso, dopo la priorità di fermare i miliziani nella loro avanzata verso Bamako, arriva il difficile, cioè la necessità di snidarli da Gao, Kidal, Timbouctou in quel vasto e remoto deserto del Nord che fa tanto pensare all’Afghanistan.

In tutto questo un pensiero agli otto lavoratori francesi sequestrati tra Mali e Niger e in mano ai gruppi islamisti. E’ tremendo ma la ragion di stato è superiore alle vite umane

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corrispondenza di Alberto Fascetto

L'operazione Serval è cominciata. Così è stato battezzato dall'Ammiraglio Edouard Guillaud, capo di Stato Maggiore dell'esercito, l'intervento francese in Mali.

Io mi trovo nella capitale Bamako. Dista più di 500 km dal fronte e, fortunatamente, a parte una tensione generale, non si respira "aria di guerra". Certo registro un'intensificazione dei controlli in città, esercito e polizia presidiano le strade, soprattutto di notte. Ma questo non è un male. Anzi, mi dà l'idea che il governo, almeno in capitale, voglia mantenere il pieno controllo. I combattimenti di questi giorni si svolgono nella parte occidentale della regione di Mopti, zona tampone tra il nord occupato dalle forze islamiste ed il sud sotto controllo governativo.

Il teatro degli scontri è la cittadina di Konna, a 30 km dal quartier generale dell'esercito maliano di Mopti. Da quanto afferma un responsabile del Ministero della Difesa maliano, la cittadina adesso sarebbe sotto controllo governativo. I bilanci sono ancora difficili da tracciare. Con dei raid aerei e delle incursioni via terra, pare che siano state uccise decine di islamisti che presidiavano la città da una settimana. Anche dalla parte francese ci sarebbero state delle perdite in vite umane. Un elicottero è stato abbattuto ed il suo pilota ucciso. La notizia è stata confermata anche dal Ministro della Difesa francese, Jean-Yves Le Drian. Purtroppo in questi casi le due parti dicono tutto ed il contrario di tutto. Ecco che il governo afferma di avere ripreso il controlli di Konna e, dall'altra parte, un porta parola di Ansar Dine, afferma su RFI che il gruppo presidiava la stessa cittadina senza problemi.

Sul campo di guerra, oltre alla forza francese proveniente dalle basi del Burkina Faso e del Ciad, sarebbero presenti forze burkinabé e "squadre di appoggio tecnico" del Senegal e della Nigeria. Inoltre il Niger avrebbe annunciato per bocca del Ministro degli Esteri, Mohamed Bazoum, l'invio di 500 uomini entro qualche giorno. Uno dei più importanti attori nell'Africa mediterranea e Occidentale, l'Algeria, dopo avere a lungo appoggiato la fine della crisi maliana per via diplomatica, esprime pieno sostegno per il Mali, ma non afferma se manderà truppe sul terreno o se si limiterà a presidiare i suoi confini meridionali. Gli stati della Comunità Economica degli Stati dell'Africa Occidentale, in forza della Risoluzione 2085 del Consiglio di Sicurezza, hanno deciso di mandare sul terreno la forza militare per aiutare l'esercito maliano a difendere l'integrità del loro territorio.

Gli Stati Uniti avrebbero deciso di intervenire in Mali, accanto all'esercito maliano e francese, fornendo un aiuto logistico ed utilizzando i droni, aerei ultraleggeri pilotati da terra che svolgono funzione di sorveglianza. Inoltre, come afferma una fonte diplomatica francese "gli Stati Uniti, secondo come si svolgerà l'azione sul terreno, non escludono inoltre la possibilità di usare e loro basi aeree in Europa meridionale, Spagna e Italia". Anche il Regno Unito ha annunciato la decisione di apportare un sostegno militare al governo maliano, come afferma il segretario del Ministero degli Esteri, Willian Hague.

Intanto a Bamako, dopo le proteste dei giorni scorsi, regna una calma apparente. Il Ministro dell'Amministrazione Territoriale, Moussa Sinko Coulibaly, in seguito alla decisione presa dal Consiglio dei Ministri, precisa che "è entrato in vigore lo stato d'urgenza in tutto il territorio nazionale". Lo stato d'urgenza, continua il ministro, consiste nell'intensificazione dei controlli a cose e persone. Tra la popolazione non è ben chiaro in cosa consista. Ho chiesto a dei tassisti, a dei venditori o alla stessa polizia, e mi hanno risposto in maniera opposta. "E' meglio che stai a casa. In qualche giorno arrivano a Bamako" mi dice un tassista. "Basta che non fai tardi la sera" afferma un venditore. E un poliziotto, "Cosa? Stato di emergenza? Ma queste sono cose della politica, voi state tranquilli, godetevi la vacanza (?) ci siamo noi a protezione".

L'esercito e la polizia maliani saranno coadiuvati, anche a Bamako, da una forza di un centinaio di soldati francesi, che avrà tra l'altro il compito di assistere i 6.000 francesi residenti in Mali. Su questo punto, già nella giornata di ieri il Ministero degli Esteri francese ha chiesto ai cittadini francesi, la cui presenza non è necessaria, di lasciare il paese.

Il presidente della Repubblica Diocounda Traoré, nel discorso di ieri sera, chiede alla nazione una "maggiore partecipazione per aiutare l'esercito". Intanto, vista la penuria di mezzi dell'esercito maliano, il presidente ha deciso di requisire parte dei veicoli statali e di mandarli al fronte, dove, secondo testimoni vicini alla giunta che ha provocato il colpo di stato militare dello scorso aprile, sarebbe presente anche il capitano Amadou Haya Sanogo, capo della stessa giunta.

La più grande paura per chi vive come me a Bamako potrebbero essere gli attentati da parte dei gruppi islamisti come Ansar Dine, o terroristi come Boko-Haram. Infatti, in reazione all'intervento francese, Ansar Dine minaccia rappresaglie. "La Francia pagherà la sua decisione. Non siamo deboli (...) Non abbiamo aerei o missili, ma abbiamo la fede in Dio e questo ci porterà alla vittoria" dichiara a France24 Sanda Ould Boumana, porta parola del movimento jihadista. Ma purtroppo il rischio attentati è un rischio cui, in nessuna parte del mondo, si può rispondere in anticipo.