I popoli indigeni brasiliani pugnalati alle spalle

Alla vigilia di un incontro dei rappresentanti dei popoli indigeni con la presidente Dilma Rousseff, deputati e governo tentano di approvare una legge che vuole di fatto legalizzare le occupazioni dei territori indigeni.

21 / 7 / 2013

Brasile. La manovra ideata dai ruralistas, da vari membri del governo e dal presidente della Camera dei deputati per invadere le terre indigene ha provocato una forte indignazione tra i rappresentanti di questi popoli, in quanto costituisce un attacco diretto ai loro diritti costituzionali.

Il presidente della Camera dei deputati, Enrique Eduardo Alves, ha controfirmato un accordo tra i lideres de bancadas (capi di partito), e con l'appoggio del governo, per far approvare durante una sessione plenaria e con urgenza la votazione del Projeto de Lei Complementar (PLP) 227/2012 del deputato Homero Pereira (PSD/MT).

Il PLP, che è stato ideato da un deputato che riveste anche la carica di vicepresidente della Confederaciòn Nacional de la Agricultura (CNA), consente che vengano di fatto realizzati, all'interno delle terre indigene, i primi insediamenti nati in seguito alla riforma agraria, oltre che le stesse terre possano venire ridistribuite a imprenditori agricoli e che gli occupanti “in buona fede” possano rimanere sui territori indebitamente occupati.

Nel mese di aprile di quest'anno, Henrique Alves ha nominato una commissione speciale per approvare il progetto di modifica costituzionale numero 215 (PEC 215), che cerca di sottoporre al Congreso Nacional la questione della demarcazione delle terre indigene. Questo avrebbe come risultato la paralisi virtuale del processo di riconoscimento ufficiale dei territori indigeni.

I rappresentanti indigeni, che si trovavano a Brasilia per partecipare alle attività della Semana del Indio, hanno occupato in segno di protesta la sessione plenaria della Camera del Congresso e in quest'occasione, Henrique Alves si è impegnato a costituire una commssione per la negoziazione e a non sottoporre a votazione questa proposta, che di fatto andava a colpire i diritti costituzionali dei popoli indigeni.

Adesso, senza che ci sia stata una comunicazione pubblica ma neanche alla commissione di negozziazione creata dallo stesso Alves, il deputato ha appoggiato, con la copertura del governo, la votazione urgente di un'altra proposta, molto più grave della PEC 215, dal momento che va a colpire anche le terre già demarcate. […]

Con un'ipocrisia finora inedita, il governo di Dilma Rousseff ha chiamato gli indigeni al tavolo del negoziato e, allo stesso tempo, li ha pugnalati alle spalle.

La manovra ordita dai ruralistas, dai membri del governo e dal presidente della Camera dei deputati ha provocato una forte indignazione tra i rappresentanti indigeni che erano arrivati a Brasilia per un incontro con la presidente Dilma Rousseff. L'incontro è stato caratterizzato dall'intenzione da parte della presidente di tamponare l'indignazione degli indigeni, inserendosi nel contesto delle diverse udienze che la presidente ha concesso da fine giugno in poi anche ad altre componenti della società in seguito alle proteste che hanno avuto luogo nelle strade delle città brasiliane.

Tuttavia, siccome la manovra è stata possibile anche grazie alla complicità dei leader del governo, quello che ci si può aspettare è che il dialogo finora avuto tra la presidente e gli indigeni vada sprecato, cosa che probabilmente porterà a reazioni future contro il Congeso Nacional.

La Articulación de los Pueblos Indigenas de Brasil (APIB) si è incontrata il 10 luglio con la presidente Dilma Rousseff, dopo aver appreso la notizia della manovra intrapresa da alcuni deputati e membri del governo e volta ad approvare espedienti legislativi che andavano contro i loro interessi. Prima di questi fatti, avevano già manifestato il loro rifiuto verso “qualsiasi intento di modifica dei procedimenti di demarcazione delle terre indigene”, e avevano comunicato che non avrebbero ammesso retrocessioni nella garanzia dei loro diritti.

In una lettera che hanno fatto arrivare alla presidente dopo l'incontro, hanno richiesto con forza l'archiviazione di tutte le iniziative legislative in corso che mettano in pericolo i diritti degli indigeni. Inoltre, hanno richiesto che l'ente governativo Fundaciòn Nacional del Indio (FUNAI) svolga il suo ruolo senza subire imposizioni da parte di organismi in rapporto con il business agricolo. Per garantire ciò, propongono la creazione di un gruppo di lavoro riguardo la questione della demarcazione delle terre indigene e anche riguardo delle politiche pubbliche speciali per la salute, l'educazione, l'ambiente e la sostenibilità delle comunità indigene.

Di seguito una traduzione del testo della lettera (vai al testo orginiale):

Lettera pubblica dei Popoli Indigeni del Brasile alla presidente della Repubblica Dilma Rousseff

All'Eccellentissima sig.ra

Dilma Rousseff

Presidente della Repubblica Federale del Brasileñas

[…]

Noi qui siamo una piccola ma significativa rappresentanza della diversità etnica e culturale del Paese, composta da 305 diversi popoli indigeni che parlano 274 lingue diverse, per una popolazione totale di 900.000 abitanti (..). E in nome di queste persone:

  • - Ribadiamo il nostro rifiuto alle accuse di essere ostacoli allo sviluppo del Paese, accuse che dimostrano un totale disprezzo per il nostro contributo alla formazione dello Stato nazionale brasiliano, alla conservazione del nostro individiabile patrimonio naturale e socio-culturale, di cui fanno parte anche i confini attuali del nostro Stato di cui i nostri antenati furono i primi custodi. Tutto questo dimostra l'esatto contrario di quanto sostenuto da chi ci accusa di minacciare l'unità, l'integrità territoriale e la sovranità del nostro Paese.

  • - Rifiutiamo qualsiasi strumento politico e amministrativo, giudiziario, giuridico e legislativo, che intenda distruggere e spazzare via i nostri diritti, conquistati con le lotte e i sacrifici che hanno avuto luogo 25 anni fa, fra i capi e i dirigenti che sono venuti prima di noi, ai tempi della costituente.

  • - Siamo totalmente contrari a qualsiasi tentativo di modificare i processi di demarcazione delle terre indigene, attualmente patrocinati da alcuni settori del Suo governo, in particolare dalla Casa Civil e l'Advocacia General da União (AGU), e a qualsiasi tipo di pressione per soddisfare gli interessi dei nemici storici del nostro popolo, gli invasori dei nostri territori, oggi esplicitamente rappresentati dal business agricolo, dalla bancada ruralista, dalle imprese minerarie, le falegnamerie, le industrie.

  • - Non accetteremo battute d'arresto nel percorso che mira ad ottenere che i nostri diritti siano garantiti, specialmente attraverso strumenti legislativi che potrebbero condannare il nostro popolo a indesiderabili situazioni di miseria, etnocidio e imprevedibili conflitti, come già si è verificato in tutte le regioni del Paese, soprattutto nel sud e nello stato del Mato Grosso do Sul.

  • - Rifiutiamo il modo in cui il governo vuole favorire il modello di sviluppo prioritario che vede un insediamento ad ogni costo di infrastrutture di trasporto e per la produzione di energia nei nostri territori, come autostrade, ferrovie, vie navigabili, porti, centrali idroelettriche, che disprezzano la nostra visione del mondo, il nostro particolare modo di relazionarsi con Madre Natura, i nostri diritti originari e fondamentali garantiti dalla Costituzione, dalla Convenzione 169 e dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite.

Rivendicazioni

Alla luce di quanto detto in questo manifesto, queste sono le nostre richieste:

1. Che il governo vada ad incidere presso la sua base perché vengano archiviate le proposte di modifica alla Costituzione (PEC) 038 e 215 che intendono trasferire rispettivamente al Senato e al Congresso la competenza nei procedimenti di demarcazione delle terre indigene, usurpando la preorgativa costituzionale del Poder Executivo.

2. Richiediamo che avvenga lo stesso per il PEC 237/13 che sancisce la legalizzazione dell'affitto delle nostre terre, del PL 1610/96 del Mineração em Terras Indígenas (sfruttamento minerario nelle terre indigene) e del PL 227/12 che modifica i processi di demarcazione delle terre indigene, tra le tante altre iniziative perpetuate che vogliono venir meno ai nostri diritti costituzionali.

3. Il governo deve rafforzare e garantire le condizioni di cui ha bisogno la Fundação Nacional do Índio (FUNAI) per svolgere il suo ruolo nella demarcazione, protezione e monitoraggio di tutte le terre indigene, la cui difficoltà operativa è ancora molto evidente in tutte le regioni del Paese, anche in Amazzonia, dove si presume che il problema sia stato risolto. Non ammettiamo che il FUNAI venga esautorato e nemmeno che siano Embrapa, il Ministero dell'Agrucoltura e altre organizzazioni, ignoranti delle questioni indigene, a valutare e presumibilmente a contribuire a studi antropologici organizzati solo per soddisfare gli interessi politici ed economici, così come ha fatto l'ultimo governo militare istituendo il famigerato grupão MIRAD, per “disciplinare” il FUNAI e “valutare” le richieste indigene.

4. Per la demarcazione delle terre indigene proponiamo la creazione di un gruppo di lavoro, che veda la partecipazione dei popoli indigeni e delle organizzazioni nell'ambito del Ministero della Giustizia e del FUNAI per fare una mappatura delle priorità e degli obiettivi specifici della demarcazione.

5. Non accettiamo la proposta di creare una Segreteria che riunisca il FUNAI con la Segreteria Speciale per la Salute Indigena (SESA) che andrebbe a pregiudicare il ruolo distinto di ognuno di questo organismi.

6. Chiediamo l'abrogazione di tutte le ordinanze e i decreti che minacciano i nostri diritti naturali e l'integrità del nostro territorio, la vita e la cultura dei nostri popoli e delle nostre comunità.

[…]

7. Chiediamo anche al Governo Brasiliano delle politiche pubbliche specifiche, efficaci e con una qualità degna del nostri popoli che da tempo immemore svolgono un ruolo strategico nella protezione di Madre Natura, nel contenimento della deforestazione, nella conservazione delle foreste e della biodiversità e di molte altre ricchezze che si trovano nei territori indigeni.

[…]

8. Chiediamo ancora che il Governo rispetti gli accordi e gli impegni assunti nell'ambito della Commissione Nazionale per la Politica Indigena (NCIP), per quanto riguarda la discussione e l'approvazione dello Statuto dei popoli indigeni al Congreso Nacional.

9. Considerando che quest'incontro con Sua Eccellenza è avvenuto in un contesto di proteste in tutto il Paese, esprimiamo la nostra solidarietà con le altre lotte e le cause sociali e popolari che come noi bramano un Paese diverso, plurale e veramente equo e democratico. Per la regolarizzazione e la protezione delle terre dei quilambolas, dei territori di pesca e delle altre comunità tradizionali, e per la non urgenza da parte del PL di varare un nuovo piano normativo per lo sfruttamento mineario, per assicurare la partecipazione della società civile nella discussione riguardante temi tanto strategici e delicati per la nazione brasiliana.

10. Alla luce di quanto detto finora riaffermiamo la nostra determinazione nel rafforzare le nostre lotte e continuiamo, vigili e pronti, a spingere per un confronto politico, e ribadiamo la nostra volontà di aprire un dialogo franco e sincero, in difesa dei nostri territori e di Madre Natura.

11. Chiamiamo, infine, a raccolta i nostri fratelli, i nostri rappresentanti, i nostri popoli e le organizzazioni, provenienti da qualsiasi parte, per far sì che tutti insieme si possa evitare che si realizzi l'estinzione programmata dei nostri popoli.

Brasilia, Distrito Federal, 10 luglio 2013

Gallery