La Corte Suprema di Panama decide sull’incostituzionalità della legge mineraria

27 / 11 / 2023

Dopo quasi quaranta giorni di protesta nelle strade, quattro manifestanti uccisi, oltre un migliaio di persone arrestate e centinaia di feriti, la battaglia ambientalista contro il comparto minerario a Panama è approdata nella sede della Corte Suprema di Gustizia che, entrata in sessione permanente, dovrà ora emettere la sentenza sulle varie richieste di incostituzionalità della legge 406, con la quale il Presidente Nito Cortizo ha “svenduto” per 20 anni la più grande miniera di rame a cielo aperto dell’America Latina alla multinazionale canadese First Quantum Minerals.

Il passaggio attraverso la Corte Suprema di Giustizia è diventato cruciale dal momento che in questi quaranta giorni di protesta, il governo del presidente Laurentino Cortizo si è rifiutato di abrogare la contestata legge mineraria per via politica adducendo deboli motivazioni di ordine formale. La futura decisionedella Corte in senso positivo - ovvero sancire l’incostituzionalità della legge mineraria 406 - significherebbe la vittoria dei manifestanti e la via d’uscita alla crisi politica apertasi con l’approvazione della legge stessa il 20 ottobre scorso. Viceversa, una decisione negativa - ovvero la conferma, anche parziale, della legge - potrebbe aprire le porte a un acuirsi della crisi, con scenari drammatici per il Paese.

Negli ultimi dieci giorni infatti si è inasprita la repressione delle forze dell’ordine e la criminalizzazione da parte del governo e della stampa nei confronti dei manifestanti. Più volte la polizia ha attaccato con violente cariche e fitto lancio di lacrimogeni i cortei, in particolarequelli partiti dall’Università. Secondo i dati ufficiali fornitidalla polizia in questi quaranta giorni di protesta sono state arrestate oltre mille e duecento persone di cui cento cinquanta minorenni. Allo stesso modo sono diverse centinaia le persone rimasta ferite nella repressione della polizia, anche se non sono stati pubblicati dati ufficiali in merito.

Ma è soprattutto la criminalizzazione nei confronti delle organizzazioni sociali e dei manifestanti da parte del governo e della stampa a destare preoccupazione: diversi dirigenti, in particolare del SUNTRACS e della ASPPROF, sono stati vittima dell’accanimento giudiziario e arrestati per essere parte attiva dei blocchi stradali che hanno messo in ginocchio il paese. In questo, come spesso accade, buona parte della stampa mainstream è stata fondamentale creando ad arte un clima di paura ed esasperazione responsabilizzando i manifestanti per i danni economici derivanti dalla crisi. 

È proprio questa esasperazione manipolata ad aver armato la mano di Kenneth Darlington, avvocato e professore con doppio passaporto panamense e statunitense, che il 7 novembre ad un blocco stradale a Chame ha sparato a bruciapelo verso i manifestanti, uccidendo Abdiel Díaz Chavez e Iván Rodríguez Mendoza. Non è stata l’unica aggressione subita dai manifestanti nei blocchi stradali: altri due manifestanti, Agustín Morales nella provincia di Colón e Tomás Milton Cedeño García nella provincia di Chiriquí sono stati investiti e uccisi da auto che hanno forzato i blocchi stradali.

Proprio i blocchi stradali sono al centro della polemica politica. Il governo di Nito Cortizo fa cadere la responsabilità sui manifestanti, accusandoli di procurare gravissimi danni economici al Paese e di non far arrivare le merci, in particolare il cibo, nelle città. Accuse che i dirigenti della protesta respingono responsabilizzando il governo della scelta di non risolvere per via politica la crisi abrogando la contestata legge, preferendo aspettare i tempi della Corte che prolunga la crisi stessa e aggrava i danni economici al Paese. Danni economici che, secondo le organizzazioni imprenditoriali della logistica, ammonterebbero a 90 milioni di dollari al giorno mentre sarebbero di circa 200 milioni di dollari quelle denunciate dal settore turistico.

Su una sentenza favorevole della Corte Suprema di Giustizia non c’è molto ottimismo da parte dei manifestanti, considerato che alcuni giudici sono stati nominati proprio dal presidente Cortizo. Per questo da diversi giorni è in corso un affollato presidio permanente davanti alla sede della Corte riunita in sessione straordinaria. «Sembra che ora la democrazia sia invertita e nove persone comandano per quattro milioni», ha dichiarato Saúl Méndez, portavoce del SUNTRACS e della Alianza Pueblo Unido por la Vida, assicurando che dalla Corte accetteranno solamente una sentenza di incostituzionalità e la chiusura di Minera Panamá (filiale di First Quantum Minerals).

L’importanza della battaglia ambientalista panamense sta travalicando le frontiere. Tra i primi ad esprimere solidarietà alla popolazione panamense in lotta, il movimentoindigeno ecuadoriano della CONAIE il quale in un comunicato ha ribadito che «la protezione dell’ambiente e la preservazione della biodiversità sono responsabilità globali». Sulla questione panamense è intervenuta anche la giovane attivista svedese Greta Thunberg la quale in un post su instagram ha ricordato che «la miniera mette in pericolo la vita e la salute delle comunità locali e minaccia la sopravvivenza della fauna selvatica e la salute dell'ecosistema», sollecitando la Corte Suprema «a respingere la più grande miniera di rame a cielo aperto dell'America Centrale».

In attesa che la Corte emetta la sentenza, il popolo panamense continua la mobilitazione, consapevole che solo la continua e determinata pressione verso gli organi istituzionali potrà portare a un verdetto favorevole e liberare per sempre il Paese dall’attività estrattiva mineraria.