Assaggi di indipendenza - Dietro e davanti il main stage

di Beatrice Barzaghi

17 / 6 / 2010

Lo Sherwood festival offre da diversi anni la possibilità di assistere a concerti e spettacoli dal vivo di autori che segnano la scena culturale internazionale. Impossibile sarebbe tracciare un lista di nomi senza rischiare di tralasciare artisti importanti e significativi; così anche il programma di quest'anno sul main stage e nel circus prevede proposte di ottima qualità. Filo rosso che accomuna gli spettacoli in programma è l'indipendenza, declinata nelle sue diverse forme e possibilità, voluta e ricercata, nonostante la mannaia della crisi si stia abbattendo in primis sui settori della cultura e dello spettacolo. Abbiamo chiesto a una new entry sul palco dello Sherwood festival, Simone Cristicchi (il 16 luglio) come percepisce la professione dell'artista in questo paese, e lui che, se avesse potuto, avrebbe “partecipato volentieri alle manifestazioni di alcuni giorni fa” in piazza a Roma contro i tagli alla cultura da parte di questa finanziaria, pensa che “anche se sembra di lottare contro mulini a vento, sia giusto mobilitarsi” contro scelte politiche che incidono anche sulla sua attività, quella teatrale in particolare. Cristicchi, che dal canto suo ha vinto un Sanremo nel 2007 con il brano Ti regalerò una rosa, affrontando l'inusuale tema del malato psichico e dei manicomi, pensa ai danni fatti dalla culto del tubo catodico, che ha forgiato una “popolazione al plasma, penalizzando gli spettacoli dal vivo, facendo credere che la professione dell'artista possa essere avviata solo con i talent show della tv, con il successo facile. Ci ho messo 10 anni a pubblicare il primo album, difficoltà ne ho incontrate tante. Un aiuto potrebbe arrivare dai locali e dalle radio, se dedicassero maggiore attenzione alla produzione artistica italiana”.

Anche la tendenza alla scrittura di testi fitti di temi sociali accomuna molti degli ospiti musicali dello Sherwood. “Indignazione e ignoranza: per questo scelgo temi sociali - spiega Cristicchi -  quando scopri che ancora i manicomi esistono sotto altre forme, o che le ingiustizie accadono anche nelle tue città, allora sei spinto a conoscere e coprire alcune lacune: nelle canzoni, come in una foce, va a confluire un fiume di emozioni e conoscenze”.
Se il brano sui malati psichici è nato in quaranta minuti, Genova Brucia è stata una canzone più sofferta: “mi è costata anni di ritocchi e ritagli, ma poi la soddisfazione di cantarla su un palco su cui salgono la madre di Carlo Giuliani e Don Gallo è impagabile.”
Simone Cristicchi, che si reputa indipendente “perché nessuno mi ha mai imposto scelte artistiche” ed è stato per questo premiato nel 2006 al Mei, ammette che spesso il mestiere dell'artista è considerato “da privilegiati”, nonostante le difficoltà che si incontrano per preservarlo.

Per Enrico Molteni, bassista dei Tre Allegri Ragazzi Morti, gruppo che farà da raffinata entrée, venerdì 18 giugno, al menù musicale proposto dallo Sherwood, il suo lavoro coincide da tempo con la sua professione:
“Sono fortunato, perché dall'età di diciotto anni ho potuto seguire la mia strada e fare il musicista, ma ciò che più conta è l'indipendenza a tutto campo: quando per esempio abbiamo fondato un'etichetta per dare spazio a gruppi musicali provenienti da Maniago, il paese in cui vivo in provincia di Pordenone, l'amministrazione ha poi deciso di appoggiare finanziariamente questo progetto e ci ha sostenuti, almeno fino a che non è cambiata la giunta. Penso sia difficile, ma non impossibile, vivere di progetti artistici, anche se l'indipendenza sarebbe bello ricercarla nel contatto diretto con il pubblico, concerto dopo concerto”. Molteni consiglierebbe di investire e gestire i pochi fondi a disposizione con oculatezza, evitando gli sprechi e valorizzando la professionalità.

Sul piano dell'organizzazione, tra chi rivendica la scelta di restare indipendente, un accenno merita l'iniziativa de “La tempesta”, un collettivo d’artisti più che un'etichetta discografica indipendente, gestito dallo stesso Molteni e con la presenza “pesante” del Teatro degli orrori (il 30 giugno live allo Sherwood festival). Un esempio di arte sociale e civile applicata alla diffusione popolare del genere musicale che mette d'accordo molti, e che lascia al leader del gruppo, Pier Paolo Capovilla, la possibilità di continuare con il suo lavoro di sempre, il cameriere in un ristorante veneziano, perché l'indipendenza, citando Molteni, rende forti, e quindi in grado di decidere da che parte stare.