"La classe colpisce ancora": a che punto è la letteratura working class

Alberto Prunetti, Silvia Baldanzi e Cynthia Cruz discutono del rapporto tra letteratura e classe operaia al Book Pride di Milano.

29 / 3 / 2023

Il talk del Book Pride “La classe colpisce ancora”, prova a fare il punto sulla letteratura working class in Italia e a livello internazionale. Gli ospiti sono Alberto Prunetti, che di recente ha pubblicato Non è un pranzo di gala. Indagine sulla letteratura working class (Minimum Fax, 2022), la scrittrice toscana Silvia Baldanzi e Cynthia Cruz poetessa, saggista e ricercatrice tedesco-americana, che è stata autrice del saggio Melanconia di classe. Manifesto per la working, pubblicato nel 2021 e tradotto in italiano nel 2022 da Atlantide.

Ad aprire il dibattito è stato Prunetti, che ha affermato come le fortune della letteratura working class nella storia siano legate alle vicende della classe operaia e alla concezione che i vari contesti storico-geografici hanno di esse. In Italia, ad esempio, si assiste a un paradosso a partire dagli anni ‘80.Il Paese che aveva la classe operaia più organizzata, ha infatti vissuto un vero e proprio rifiuto dell’identità operaia e del suo immaginario.

Negli ultimi anni il tema della classe è tornato ad essere importante, molte volte trainato da altre questioni, come quella femminista in Argentina. E questo nuovo fermento si riversa anche nella letteratura. Prunetti fa alcuni esempi. Il Booker Prize, uno dei premi letterari più importanti al mondo, è stato vinto nel 2020 da Shuggie Bain di Douglas Stuart, un romanzo ambientato nella Glasgow operaia a cavallo tra anni ’80 e anni ‘90. In Francia il premio Nobel Annie Arneaux, ha rivendicato il tema della classe come sostanziale nei suoi scritti. E tra i libri francesi più letti degli ultimi anni c’è À la ligne di Joseph Ponthus, prosimetro in versi liberi che narra la storia di un operaio interinale spedito prima in uno stabilimento bretone in cui si lavorano pesci e crostacei poi in un mattatoio.

In Italia la “grande editoria” sembra snobbare la working class, ma si è attivato un processo dal basso, in particolare grazie alla spinta del Collettivo di Fabbrica GKN e di tutto quello che questa lotta è stata in grado di attivare, anche sul piano culturale. «Questi operai hanno capito che per vincere non bastano picchetti, occupazioni e manifestazioni, ma bisogna agire anche nell’immaginario ed è a partire da questo che è stata costruita una “convergenza culturale” che ha posto con forza il tema della narrazione letteraria delle store operaie. Questo processo è interessante proprio perché vissuto in prima persona dalla classe. La letteratura working class non è una infatti una letteratura sul lavoro, ma è un racconto che viene dal lavoro. Non è l’intellettuale che racconta gli operai, come accade nella maggior parte dei casi, ma loro stessi a vivere il racconto come uno strumento di affermazione ed emancipazione.

È da questi presupposti che Simona Baldanzi parla delle sue opere. Si tratta di opere che hanno saputo unire l’efficacia della narrativa, il rigore dell’inchiesta operaia e la forza del vissuto personale. Simona è nata a Firenze nel 1977 ed è figlia di un’operaia. Cresciuta negli anni ’80, quando l’immaginario operaio era in declino, ha cercato in tutte le sue opere di ridare dignità al racconto del lavoro soprattutto da una prospettiva femminile. «La mia adolescenza è stata segnata dal fatto che al massimo si parlava di tute blu e non di vestaglie blu, come se le donne fossero escluse dalla classe».

Il suo romanzo d’esordio Figlia di una vestaglia blu intreccia le vicende delle operaie tessili della Rifle a quelle degli operai edili della TAV in Mugello, spesso immigrati meridionali. Un romanzo in cui ci sono tutte le sfaccettature della classe contemporanea e il suo potenziale intersezionale. Ma Simona Baldanzi ci tiene soprattutto a ribadire che in tutte le sue opere c’è un filo rosso, ossia il fatto che dietro il racconto di queste storie non si nasconde solo un genere letterario, ma ci può essere salvezza.

Alla conclusione del talk interviene Cynthia Cruz. L’autrice, berlinese di nascita ma californiana di adozione, nel libro Melanconia di classe. Manifesto per la working si ispira alle teorie di Sigmund Freud e al suo concetto di melanconia traghettate nei contesti individuali in cui ci si emancipa da una condizione operaia e popolare per affermarsi sul piano sociale e lavorativo. La melanconia descritta dalla Cruz non è solo una nostalgica rimembranza delle origini, ma è anche la perdita di un’anima: le storie più note raccontate nel libro sono quelle di Amy Winehouse, Ian Curtis e Barbara Loden.

Cynthia Cruz fa anche il punto sulla letteratura working class nell’altra sponda dell’Atlantico: «negli USA non esiste una vera e propria letteratura working class, perché c’è uno stereotipo. Ci sono diversi scrittori che scrivono storie su alcuni tipi di lavoro, che alla classe media piacciono perché lo vedono come “storielle” un po' ribelli, ma il vero problema – e la grande differenza con il Regno Unito – è che negli USA si sostiene che non esistono classi sociali e quindi non c’è un substrato culturale che possa accogliere un linguaggio operaio».