Venice Climate Camp 2023: "Le Olimpiadi dell'insostenibilità"

Sabato 9 settembre il dibattito sulle Olimpiadi Milano-cortina 2026 con Luca Trada (Off Topic), Letizia Molinari (Saccage 24), Luigi Casanova (Mountain Wilderness Italia): ha moderato Gaia Righetto (Venice Climate Camp).

25 / 9 / 2023

Sabato 9 Settembre, al termine della seconda giornata del Venice Climate Camp 2023 hanno dialogato tra loro 3 attivisti interpreti di territori che saranno intaccati dalle opere previste per i giochi olimpici. Luca Trada del Collettivo Off Topic ci ha parlato dei processi di gentrificazione che stanno colpendo Milano dall’Expo 2015 fino ad oggi, spiegando che i grandi eventi come Expo o Olimpiadi non sono altro che dispositivi per far fare grossi profitti ai privati e ridisegnare il territorio con grandi opere. Luigi Casanova (Mountain Wilderness Italia) ci ha parlato del dossier di candidatura di Cortina per le Olimpiadi del 2026 spiegando l’evidente fallimento degli obiettivi di trasparenza e sostenibilità dei giochi sull’arco alpino. Letizia Molinari ha portato l’esperienza di lotta del Collettivo Saccage2024 contro le Olimpiadi che si terranno a Parigi nell’estate 2024. Il dibattito segue la linea generale del Camp di costruire un fronte ampio contro le Olimpiadi 2026 Milano-Cortina, un percorso che cerchi in una nuova relazione tra esseri umani e natura le basi “per un mondo nuovo”.

Luca Trada ci ha aiutato a ridisegnare le caratteristiche dei giochi olimpici partendo dal presupposto che l’olimpiade contemporanea ormai ha poco a che fare con lo sport, ma è estremamente legata al puro business. Nonostante le olimpiadi mobilitano grandi interessi e risorse (sempre di più delle preventivate – in media 142 % in più negli ultimi anni) l’edizione invernale del 2026 è stata contesa da un unico candidato, perché l’aspetto economico e l’impatto sul territorio fanno sì che molti territori siano sempre più riluttanti a ospitare eventi del genere in quanto è stato sperimentato negli anni che si tratti di un’opportunità falsa per lo sviluppo e il benessere della collettività.

Ne è un esempio su tutti la candidatura di Stoccolma voluta solo dal comitato olimpico ma poi ritirata dal sindaco della città, oppure Torino e le valli piemontesi che – in virtù di quanto accaduto nel 2006 - mostrano chiaramente cosa sono le infrastrutture olimpiche oggi: cattedrali nel deserto che non trovano utilizzo nei territori. In molti ormai riconoscono i giochi olimpici come indesiderabili, non ci sono lasciti positivi nelle città, ma solo la costruzione di costosi non luoghi di cemento abbandonati per anni. Non c’è nemmeno un lascito sportivo: anche lo sport ne esce sconfitto perché non è il reale scopo dell’evento. Le Olimpiadi sono un evento capace solo di generare interessi e dispositivi di governance che permettono di stravolgere i territori e il concetto stesso di sport.

I giochi olimpici invernali del 2026, venduti come “irrinunciabili” nel 2019 sono, state annunciate come le Olimpiadi della sostenibilità. Ogni giorno questa sostenibilità viene annullata dai fatti, nonostante viviamo in un’epoca in cui parlare di sostenibilità è quasi ridondante per quanto è sotto gli occhi l’urgenza di essa. «Per questo motivo oggi dire no alle Olimpiadi è il primo principio di realismo, non possiamo più accettare che in nome dello sport si facciano nuove infrastrutture e si proceda sulla via della cementificazione: per questo dobbiamo soprattutto smontare il mito delle olimpiadi come momento in cui c’è pace in nome dello sport. Serve andare a dire che c’è conflitto in territori che sono stufi di essere sfruttati per il profitto di pochi e ai danni delle moltitudini che li vivono».

Luigi Casanova (Mountain Wilderness) ha decostruito il dossier di candidatura delle olimpiadi Milano Cortina (un approfondimento del suo intervento si può trovare nel suo libro: Ombre sulla neve. Milano-Cortina 2026. Il "libro bianco" delle Olimpiadi invernali, pubblicato da Altreconomia nel 2022). Nel 2019 la candidatura per le Olimpiadi è stata presentata con l’obiettivo di essere a costo zero, sostenibile e trasparente. Oggi vediamo come nessuno di questi obiettivi sia stato perseguito. I giochi avranno un costo di 6 miliardi per la costruzione di opere a cui aggiungere il costo dell’organizzazione e delle gare.

Rispetto alla sostenibilità, la valutazione ambientale strategica (VAS), legge europea del 2006, non è stata affrontata; sono assenti valutazioni di impatto ambientale e valutazioni di incidenza nelle aree protette. Di fatto tutti gli strumenti di controllo sono saltati e diverse opere commissariate. Rispetto alla trasparenza con la cittadinanza, essa è impossibile senza VAS: i cittadini avranno 30 giorni per valutare progetti con oltre 5000 pagine.

Il Presidente del CONI e membro del CIO Giovanni Malagò dice che il 92% delle opere sono realizzate e necessitano solo di ristrutturazione, ma questo è falso. Ne sono un esempio il villaggio olimpico, lo stadio, la pista di discesa e sci alpino maschile modificata integramente e, più di tutti, il caso emblematico della pista da bob. Quest’ultima è passata dal costare 48, poi 85 fino al costo del progetto odierno di 124 milioni senza Iva. Questi costi esorbitanti sono resi ancora più paradossali se si tiene conto che la pista da bob di Innsbruck è disponibile dietro compenso di 12 milioni di affitto. Il presidente della regione Luca Zaia però non si è mostrato favorevole a quest’opzione, nonostante il costo stimato di gestione della pista sia di 1.2 milioni all’anno e che per realizzarla verrà abbattuto un lariceto vicino alla vecchia pista, unico nell’arco alpino con quelle caratteristiche.

Letizia Molinari (Saccage 24) apre il suo intervento affermando che una lotta contro una macchina gigantesca con un peso economico enorme come i giochi olimpici deve essere internazionale. Saccage (che in francese significa saccheggio) è il movimento contro i giochi di Parigi del prossimo anno che si situeranno in un’area a nord di Parigi accelerando i processi già in corso di gentrificazione, consumo di suolo, ingiustizia sociale. L’impatto delle infrastrutture per i giochi si va a sommare a una condizione permanente di cantiere in quei quartieri, un processo che porterà un aumento del valore degli immobili da 4000 a 7000 euro al metro quadrato in quelle zone. Con queste opere il territorio viene trasformato irrimediabilmente, con conseguenze radicali negli anni.

Come dice Letizia Molinari, «la temporalità dei giochi ne è l’aspetto più scandaloso e paradossale. La costruzione di tutte queste opere e questo immenso dispiegamento di risorse sarà dedicato per costruire l’impianto di un evento che durerà un mese e mezzo. Per la sola cerimonia di apertura lungo la Senna voluta dal Presidente Macron verranno spesi più di 100 milioni di euro». Per il Presidente Macron questo enorme evento andrà a cancellare la conflittualità sociale degli ultimi anni, usando l’idea della Pax olimpica per segnare una tregua rappacificatrice. «Ma quando il mondo guarderà alla Franci, noi sappiamo che i lavoratori che hanno lottato contro la riforma delle pensioni non possono accettare questa tregua, come non possono accettarlo il movimento Soulèvements de la Terre e la famiglia di Nahel Merzouk ucciso dalla polizia a Nanterre». Perché le questioni sociali e il conflitto non sono separati dai giochi olimpici, anche se questa separazione è proprio ciò che Macron vorrebbe in vista delle elezioni. «Dobbiamo rendere visibile il conflitto anche se la città sarà completamente militarizzata. Lo stiamo facendo creando convergenza tra sindacati, realtà ecologiste e movimenti per cavalcare il solco che impedisca di soffocare il conflitto con la rivitalizzazione della società. Perché i giochi vogliono porre proprio un nuovo modo di vedere e pensare la società».

Nella seconda parte del dibattito Luca Trada ha spiegato come le olimpiadi sono un dispositivo per utilizzare le procedure tangenziali e bypassare i controlli di trasparenza democratica. In questo modo vengono realizzate vecchie opere riesumate e inserite dentro le spese per le Olimpiadi. Questo meccanismo in una metropoli come Milano diventa un’occasione per fare in nuove aree urbane quello che è già stato fatto altrove: con il decreto olimpiadi del 2020 sono stati stanziati svariati miliardi di euro per fare infrastrutture tra Lombardia, Veneto e le province autonome di Trento e Bolzano. Si parla di infrastrutture che con le olimpiadi non c’entrano nulla, come la realizzazione del TAV Brescia-Verona-Venezia finanziata anche dal fondo olimpiadi o la tangenziale Malpensa-Magenta, già bocciata durante EXPO.

Luca Trada ci tiene a specificare che questo meccanismo ha origini precedenti a queste Olimpiadi. È a partire dal grande evento Expo e da un’idea di città sempre più centrata sui grandi eventi che Milano è stata trasformata in una città sempre più difficile da vivere, dove non è chi abita a stare al centro ma chi la attraversa per brevi periodi.

Le questioni sociali provocate dalle Olimpiadi emergono anche sull’arco alpino, con il rischio di spopolamento della montagna. Luigi Casanova spiega che a Cortina già in passato le nuove generazioni per avere un affitto o un mutuo erano costrette a spostarsi a 15 km di distanza, ora con l’innalzamento dei costi dovranno andare a 25 km di distanza per trovare prezzi sostenibili. Grosse difficoltà sorgeranno anche per i lavoratori stagionali per i prezzi troppo esosi: «i processi in corso creano delle grandi aree turistiche che provocano l’impossibilità di permanenza nel territorio della popolazione giovane. Questo tipo di turismo è ad altissimo impatto ambientale e a scarsa ricaduta economica sui residenti; è un turismo elitario che allontana la popolazione». In aggiunta, rispetto ai fondi che arriveranno la stragrande maggioranza di essi è stata stanziata per il tratto Longarone-Cortina, allo stesso tempo nel resto del Bellunese vengono chiusi ospedali periferici e gli istituti scolastici. Questo ha gravissime conseguenze sociali perché significa togliere professionalità diverse dal turismo a tutta l’area.

Letizia Molinari dà infine una prospettiva in più sulla grande eredità lasciata ai territori rivendicata dai giochi olimpici. Quest’eredità è assolutamente falsa perché le Olimpiadi per loro natura non possono essere popolari e salutari poiché rispondono alla logica di accumulazione di capitale, sfruttamento dei territori e non vanno incontro ai bisogni dei cittadini. In Francia esiste ancora l’immaginario delle Olimpiadi invernali del 1992, dove infrastrutture mai riutilizzate e un buco di bilancio hanno costituito un grosso spreco e costo per i cittadini, per questo motivo i giochi di Parigi portano avanti la narrazione del costo zero.

Però il problema non è solo la costruzione delle opere, ma anche come vengono riutilizzate perché a seconda del riutilizzo cambi il tessuto sociale. Ciò che avviene è che con le opere vengono poste le basi per la gentrificazione e per una politica di repressione e controllo per le nuove aree. Anche in questo caso le Olimpiadi verranno utilizzate come mezzo di legittimazione di una serie di leggi che permettono politiche repressive che legittimano telecamere di sorveglianza AI, l’aumento di 30.000 poliziotti, di 10.000 militari e 20.000 agenti della sicurezza che si imporranno come cavallo di Troia nella quotidianità dei quartieri popolari a nord della città.