Il governo Meloni e la “forclusione”

Una genealogia del revisionismo storico nella destra italiana.

9 / 8 / 2023

Il termine forclusione fu coniato da Jacques Lacan, uno dei grandi rappresentanti della psicanalisi del’ 900. Naturalmente, non entreremo nella tematica estremamente complessa dell’elaborazione del concetto lacaniano: per semplificare, possiamo dire che forclusione significa non una semplice rimozione, ma una cancellazione definitiva di un evento dalla memoria psichica collettiva.

Ebbene, il revisionismo storiografico e negazionista della destra al governo sta ad indicare proprio questo. Basti pensare all’istituzione di una nuova commissione d’inchiesta rispetto alla strage di Bologna del 2 agosto 1980, per la quale la Corte d’assise e di Appello e la Cassazione hanno già individuato le responsabilità dei militanti neo-fascisti dei Nar, nel loro rapporto con la P2 e vari apparati dello Stato. Inoltre le recenti cronache hanno portato alla ribalta Marcello de Angelis, estremista di destra ora responsabile per la comunicazione per la regione Lazio, che con alcune dichiarazioni si è adoperato non poco per questa revisione della verità storica.

Al netto di alcune prese di posizioni di facciata, De Angelis non ha faticato a trovare sponde da parte di alcuni esponenti del governo, come nel caso del Sottosegretario al Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica Claudio Barbaro, che parla addirittura di “negazione dei diritti umani” per il solo fatto che De Angelis sia stato attaccato pubblicamente. E ancora il “liberale” Paolo Guzzanti, che sulle pagine de Il Giornale parla di «incredibile accanimento politico e mediatico contro il capo della Comunicazione della Regione Lazio». È quindi in atto un vero e proprio tentativo organico di riavvalorare “trame oscure” internazionali, persino i palestinesi, pur di negare la matrice dimostrata e inequivocabilmente fascista di quella orribile strage.

Giorgia Meloni tace, e questo non ci sorprende. Vuole rifarsi il look: sovranista e nazionalista prima, amica di Orban e dei neo-franchisti spagnoli, europeista e atlantista agli occhi dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, in particolare dopo il recente incontro con Biden. Sta di fatto che la premier non ha mai pronunciato, rispetto alla lotta di liberazione partigiana, nessun accenno e condanna netta del fascismo, come non ha mai usato il termine “fascista” rispetto alla strage di Bologna e altre vicende inserite nella cosiddetta “strategia della tensione”.

Ma la storia e la memoria non si “forcludono”, rimangono come pietre inossidabili nell’ immaginario collettivo. Non possono, nel corso delle generazioni, far dimenticare l’albero genealogico da cui provengono Giorgia Meloni e molti esponenti di questo governo. Questo albero genealogico ha le sue radici nel M.S.I-Destra nazionale. Dopo la vittoria della lotta partigiana e il varo della nuova costituzione repubblicana, democratica e antifascista, la fondazione del M.S.I ebbe come punto cardine Giorgio Almirante, ex capo di gabinetto al Ministero della Cultura Popolare della Repubblica nazi-fascista di Salò.

In questo contesto culturale, si formarono molti esponenti dell’attuale governo: un albero genealogico che mantiene ben salde le proprie radici fino ai giorni nostri. Nel dopoguerra, da una parte il “tatticismo” di Togliatti, capo del P.C.I, apre al compromesso con i partiti della borghesia italiana, D.C. in testa, e la destra amendoliana rende egemone nel partito la cultura stalinista che tradisce le istanze di liberazione rivoluzionaria e anticapitalista di molti militanti.

D’altra parte, la pressione degli americani e della D.C, partito dell’ordine, rilegittimano il neofascismo di Almirante: il M.S.I poteva essere una forza di contrasto al “pericolo rosso”, al desiderio e speranza di rivoluzione nato dalla resistenza. E questo, nei decenni successivi, ha favorito l’humus tanto della repressione sanguinosa di scontri di piazza e tumulti quanto del terrorismo stragista coperto dallo Stato. Nel M.S.I. furono accolti personaggi come Pino Rauti, teorico di Ordine Nuovo, o Stefano delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale, con intrecci con i servizi segreti e logge massoniche. Un oscuro intreccio del terrore nero.

Si comprende dunque da questa genealogia come si arriva a Giorgia Meloni e a molti suoi accoliti. La rimozione dello stragismo fascista è iscritta nel D.N.A. di questi personaggi: il nuovo fascismo, mascherato da democrazia, deve ancor più rendere radicale la nostra lotta contro questo governo e tutti i suoi tentativi revisionistici di imporre una propria egemonia culturale. Una lotta che non può che essere a tutto tondo: complessiva, culturale, sociale, antagonista, su tutti gli aspetti della vita.