Un commento dopo la prima approvazione alla Camera di una legge "sull'omofobia e la transfobia"

Omofobia: la frattura scomposta

In Italia la legge NON è uguale per tutti.

21 / 9 / 2013

Per una sera, ieri, avremmo voluto avere la sensazione che il Paese, anche se in modo maldestro e lento, stesse cercando i primi passi per conquistare almeno un accenno di pari dignità per tutti i suoi cittadini. La legge contro omofobia e transfobia in fondo aveva il compito di esprimere proprio questo: il minimo comune denominatore di rispetto delle diversità, la perseguibilità di tutti quei reati aggravati dalla natura discriminatoria in ragione dell'orientamento sessuale della vittima.

Ad oggi il buon intento della legge è naufragato sui banchi della Camera per il voto favorevole al subemendamento Gitti che stabilisce:  “ai sensi della presente legge, non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente” e “ovvero assunte all’interno di organizzazioni che svolgono attività di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione ovvero di religione o di culto, relative all’attuazione dei principi e dei valori di rilevanza costituzionale che connotano tali organizzazioni”.

Questo inadeguato insieme di consonanti e vocali ha il potere non solo di vanificare l'intero ddl ma pure di umiliare per l'ennesima volta tutti coloro che da anni si battono in Italia per la dignità di lesbiche, gay e transgender e per la lotta a tutte le forme di discriminazione.

Perché di questo stiamo parlando, del bene comune, comune a tutti: la dignità della persona. Ancora una volta la battaglia per i diritti civili ci chiama a intervenire dal basso, a intendere bene che quanto e' accaduto non è diverso dal tentativo di privatizzare l'acqua. L'emendamento in questione pretende di affermare che la libertà dell'individuo non eè un bene universale,  dovuto a tutti, ovunque. Si dice che in una sede sindacale, politica oppure in un luogo di culto la gravità dell'epiteto omofobico, razzista e quant'altro diviene meno inaccettabile anzi, grazie a questo emendamento, addirittura legittimo.

Mentre nell'aula della Camera echeggiano sperticate illazioni sulla vita degli altri, proliferare iniquo di provvedimenti vecchi prima ancora di nascere, la vita nelle città e nel Paese tutto, continua.   Frattura scomposta che mai si aggiusta tra un'intera popolazione e una classe politica in gran parte inadatta a rappresentarla. Ieri in Parlamento non si è riusciti a dire che tutti i cittadini italiani sono uguali. Ed infatti non è così, perché ci sono ancora oggi, e dopo ieri grazie a molti politici, coloro che vengono picchiati e coloro che picchiano.

Ci sono i “quasi degni” ancora disarmati anche solo di strumenti giuridici e i “più che vili” tutelati al meglio da una legge, che anziché combattere l'omofobia la garantisce. Beh, la musica ora cambia, perché questa volta i possibili bersagli trovano la forza di muoversi e unirsi. Escono nella rete e davanti alle sedi dei partiti che li hanno traditi. Escono dalle casse dei supermercati e dagli sportelli delle banche, escono dagli uffici comunali e dagli ospedali, escono dalle università e dagli asili. Escono in coppia o soli, escono in gruppo sicuramente perché il tempo di stare da soli è finito e finalmente si ritrova lo sdegno , la voglia e il coraggio di tornare a lottare per i propri diritti .

Camilla Seibezzi è consigliera delegata ai Diritti civili. Politiche contro le discriminazioni e cultura lgbtq del Comune di Venezia.