Più resistenti dei diamanti: scontri a Vicenza alla Fiera dell’Oro

In centinaia provano a bloccare il padiglione israeliano, cariche della polizia con fermi e feriti.

20 / 1 / 2024

«La presenza di Israele alla Fiera dell’Oro di Vicenza è inaccettabile»: con queste parole d’ordine i centri sociali del nord-est hanno convocato questa mattina una manifestazione che ha pubblicamente dichiarato l’obiettivo di bloccare il padiglione. Il corteo, partito dal parcheggio di via Rossi, a pochi passi dal centro sociale Bocciodromo, ha visto la partecipazione di oltre 500 persone provenienti da tutta la regione e dal resto d’Italia. I manifestanti hanno aperto il cancello di via Arsenale per andare verso la zona della Fiera; qui sono stati bloccati dalla polizia con due cariche e l’uso ripetuto dell’idrante. Cinque persone sono state fermate e si contano diversi feriti. Dopo le cariche il corteo si ricompatta e torna verso il luogo del concentramento, per dirigersi poi alla manifestazione nazionale pomeridiana indetta dalle comunità palestinesi.

Lo slogan “non c’è pace senza giustizia, non c’è pace sotto occupazione” urlato per tutto il corso della manifestazione sintetizza una giornata densa di significati politici. «Con la manifestazione di oggi dimostriamo di resistere con il popolo palestinese e a fianco dei popoli oppressi di tutto il sud globale», dicono i manifestanti, affermando il valore universale della solidarietà alla causa palestinese. Negli ultimi mesi in tutto il mondo ci sono state manifestazioni che hanno preso di mira gli interessi commerciali israeliani: campagne di boicottaggio, blocchi dei porti in cui opera la ZIM, la compagnia marittima che batte bandiera israeliana, scioperi nei siti produttivi che sono in varie forme legati alla costante oppressione e al massacro a cui è sottoposta la popolazione palestinese. «Avere nel nostro territorio un’espressione diretta di questi interessi» viene detto dai manifestanti «rappresenta un’occasione importante non solo per continuare a denunciare i crimini di Israele e la complicità di gran parte della comunità internazionale, ma anche per costruire un livello di mobilitazione che sia all’altezza dell’escalation a cui stiamo assistendo in Medio Oriente e non solo».

Negli interventi che si sono susseguiti al microfono sono state spiegate le tante motivazioni della mobilitazione. Nel padiglione israeliano si scambieranno diamanti, settore in cui Israele è tra i leader mondiali e che è tra i maggiori asset che compongono l’economia di guerra israeliana: «gli introiti di questo commercio finanziano direttamente il genocidio in atto a Gaza e la brutale violenza che la popolazione palestinese subisce in Cisgiordania».

Il nesso tra sostegno alla resistenza palestinese e lotta alla guerra globale caratterizza l’intera manifestazione: «diciamo da tempo che il tema centrale è la guerra globale, il suo essere elemento costitutivo nell’attuale riassetto del capitalismo. Il conflitto che da 75 anni tormenta la Palestina è l’emblema della guerra contemporanea, in particolare nella totale asimmetria che connota le forze in campo. Ma ciò che sta accadendo negli ultimi mesi sta aprendo scenari inediti nei quali la guerra sta ricominciando a insediarsi in ogni ambito delle nostre esistenze, nella narrazione politica, nello spazio pubblico».

Vicenza questa condizione la vive nella sua quotidianità, vista la presenza delle basi americane, ma la città berica è anche riuscita a sviluppare negli anni degli anticorpi sociali che hanno reso l’antimilitarismo un tema sempre vivo di battaglia politica. «In questa città alcuni anni fa c’è stata la resistenza di migliaia di persone alla “nuova” base militare Dal Molin, che ci ha fatto capire che la guerra non è così distante da noi, ma parte proprio da casa nostra. Grazie a questa lotta abbiamo sviluppato nuove chiavi di lettura per immaginare un mondo dove la pace non può che intrecciarsi con la giustizia ambientale e sociale, con la liberazione da qualsiasi servitù militare, con la necessità di costruire nuove forme di democrazia».

La giornata di oggi vuole aprire spazi politici di movimento: «se assumiamo fino in fondo che anche nei nostri territori siamo all’interno dei meccanismi bellici, dobbiamo capire come metterci “di traverso” a tali meccanismi, in ogni luogo possibile. Dobbiamo discutere, organizzarci, andare contro i luoghi della produzione bellica, di chi la sostiene economicamente, di chi è complice della guerra».

È attraverso la combinazione di pratiche radicali e parole d’ordine chiare che la manifestazione di oggi indica una strada: è possibile costruire dinamiche di conflitto che ambiscono ad avere un impatto reale in questa fase politica.