La crisi climatica in Cile: Incendi, ondate di calore e siccità

27 / 2 / 2023

Ormai da quasi un anno la siccità è divenuta una realtà anche in Italia e sappiamo come la situazione si stia rapidamente deteriorando. Il Cile vive una grave crisi idrica da oltre un decennio, cosa che ha generato importanti mobilitazioni sociali ed elaborazioni teoriche. Gli effetti del cambiamento climatico e dell’estrattivismo (in particolare per quanto riguarda le monoculture di pino ed eucalipto) purtroppo si sono visti anche quest’anno nel paese del Cono Sud, che ha visto una grave estensione degli incendi forestali, diversi dei quali sono tuttora in corso. A questo proposito, proponiamo un contributo di Camila Zarate, militante ecologista ed ex membro della convenzione costituente cilena. L’articolo è stato pubblicato dal sito del Movimiento por el Agua y los Territorios (MAT), un coordinamento di diverse comunità e organizzazioni eco-territoriali diffuse in tutto il Cile/Wallmapu, che si battono per difendere i territori dallo Stato e dalle aziende estrattiviste. Traduzione di Emma Purgato.

Quando ci chiedono perché ci concentriamo sulle questioni climatiche, definendole temi prioritari che non possono aspettare, la risposta sta nel fatto che - davvero - non c’è più tempo da perdere. È innegabile che la crisi ecologica non solo si sta aggravando, ma sta avendo serie ripercussioni sulle nostre condizioni di vita.

Ondate di calore

Il 2022 si è caratterizzato per temperature record, a livelli che nel nostro paese non si registravano da decenni. A dicembre, a Santiago è stata registrata la temperatura più alta della storia della capitale, 36,7°C. Allo stesso modo, nella zona centrale abbiamo visto un numero maggiore di giorni con più di 30° rispetto all’anno precedente e più di quindici “ondate di calore”. Queste temperature elevate possono causare molte difficoltà alla popolazione, per esempio scompensi in chi soffre di patologie croniche, disturbi da “colpo di calore” in bambini, bambine e persone anziane e un tasso maggiore di incidenti sul lavoro.

Per affrontare questa situazione, la biodiversità è un elemento chiave. Nelle città in cui sono presenti, gli alberi ci proteggono dal calore e aumentano l’umidità dell’ambiente. Inoltre, in uno studio recente, IS Global indica come nei quartieri un tasso di copertura arborea maggiore del 30% sia associato a una salute migliore e a un minor consumo di medicinali. Perciò è ormai palese come sia necessario un intervento politico che corregga l’assenza di vegetazione e l’eccesso di cemento, rispetto alla distribuzione iniqua delle “aree verdi” presenti nel nostro paese.

Non è tutto: da vent’anni la comunità scientifica studia la capacità della biodiversità di proteggerci dalla diffusione di devastanti malattie infettive, dimostrando nuovamente lo stretto legame tra esseri umani e altre forme di vita. A tal proposito, dal 7 al 19 dicembre 2022, a Montreal si è svolta la Conferenza della Nazioni Unite sul tema della Biodiversità. Nonostante le infiltrazioni degli interessi delle aziende, che hanno impedito seri passi avanti, la Conferenza ha prodotto un accordo che stipula l’aumento della superficie mondiale protetta dal 17% (terrestre) e il 10% (marittima) al 30% per entrambe entro il 2030.

Di fronte a ciò, è importante sottolineare che il Cile non è un esempio di reale salvaguardia delle aree protette, in quanto in queste zone è ancora consentito lo sviluppo di attività industriali ed estrattiviste, per esempio nel settore minerario e ittico.

Incendi

Assieme alle ondate di calore, un’altra grave emergenza ambientale ha allarmato la popolazione ultimamente. Venerdì 16 dicembre, una densa nube di fumo nero proveniente dagli incendi forestali ha inghiottito la capitale, causando diversi disturbi di salute che hanno fatto scattare, tardivamente, un’allerta da parte delle autorità per rischio sanitario. Gli incendi sono continuati la settimana seguente, colpendo questa volta la comunità di Viña del Mar e causando due morti, il danneggiamento di 330 case e la distruzione di 110 ettari andati a fuoco, all’interno dei quali erano presenti alcuni ecosistemi irrecuperabili (tra questi palme cilene con più di 500 anni), oltre ad animali dispersi, bruciati e fatalmente ustionati.

Queste ultime emergenze hanno un fattore comune: secondo i dati della CONAF, il 99% degli incendi boschivi sono provocati dagli esseri umani e il 32,98% è intenzionale. Per questa ragione, le organizzazioni hanno chiesto alle autorità di perseguire penalmente chiunque abbia preso parte in modo diretto o indiretto agli incendi ma anche che vengano messe in campo altre misure preventive, come accelerare l’iter del progetto di legge che mira a proibire i cambi di uso del suolo e la costruzione su terreni danneggiati, migliorare la politica di gestione dei rifiuti, assicurare il recupero delle specie native distrutte dal fuoco attraverso strumenti di pianificazione territoriale e modernizzare la legge sulla protezione del bosco nativo per superare l’attuale modello di gestione forestale. Infatti, è comprovato che gli incendi si propagano più rapidamente in monocolture di pino o eucalipto rispetto a boschi composti da specie native, in quanto in quest’ultimo caso si mantiene di più l’umidità del suolo e dell’ambiente[1]

L’acqua

È impossibile pensare di affrontare qualsiasi emergenza ambientale e sanitaria senz’acqua. Di conseguenza, la profonda crisi idrica che il nostro paese sta attraversando dovrebbe rappresentare la nostra preoccupazione principale in questo periodo. Ad oggi, su 346 comuni, più di 188 hanno decretato uno stato di scarsità idrica, 16 fiumi sono stati dichiarati completamente esauriti e 400.000 famiglie dipendono dall’acqua che viene loro portata con camion cisterna alcuni giorni della settimana. Sappiamo inoltre che, dato che obbediscono ai criteri del mercato a causa della privatizzazione avvenuta nel 1980, la distribuzione e l’utilizzo dell’acqua sono caratterizzati da forti disuguaglianze. Senza andare troppo lontano, il Cile oggi si trova tra i paesi con uno stress idrico tra i maggiori del mondo[2], ovvero la domanda d’acqua è nettamente maggiore delle risorse disponibili, principalmente a causa del settore agricolo che concentra il 73% della richiesta idrica totale del paese. Oltretutto, a causa di questo sistema, l’1% che possiede i “Diritti di Utilizzo delle Acque” controlla il 79% del volume totale disponibile, dimostrando così il fallimento assoluto di questo modello di mercato. In sostanza, l’acqua dev’essere dichiarata al più presto un bene comune inappropriabile, affinché le autorizzazioni per il suo utilizzo diventino incommerciabili di modo che venga gestita in modo comunitario e integrale rispetto ai bacini idrici. I diritti all’uso dell’acqua devono essere così redistribuiti stabilendo come priorità il consumo umano e l’equilibrio ecosistemico. Oltre a ciò, urge proteggere i ghiacciai dai progetti minerari, perché in Cile si trova la riserva di questi ecosistemi millenari più grande di tutto il Sudamerica, che costituisce la principale riserva d’acqua dolce del pianeta.

La cosa paradossale rispetto all’acqua è che, nel novembre del 2022, è stato proprio il Comitato dei Ministri – presieduto dalla ministra dell’Ambiente Maisa Rojas e composto da altri ministri come Esteban Valenzuela (Agricoltura), Ximena Aguilera (Salute) e Nicolàs Grau (Economia) – a respingere le proteste delle comunità rispetto al progetto minerario “Desarrollo Los Bronces” e quello idroelettrico “Alto Maipo”. Tra le rivendicazioni espresse, si chiedeva di revisionare i permessi ambientali (Resoluciones de Calificación Ambiental) di entrambi i progetti, a causa di vari precedenti che evidenziano un rischio per la qualità e la quantità d’acqua nella conca del Río Maipo, che fornisce acqua potabile a 7 milioni di persone. Purtroppo, la decisione di promuovere questi progetti da parte dei ministri dell’attuale governo dimostra come si stia percorrendo una strada sbagliata in materia ambientale. Questa scelta si somma ad altre che sono fonte di enorme preoccupazione, come il sostegno al TPP-11 o la spinta verso false soluzioni alle sfide climatiche, ovvero politiche che mantengono o rafforzano industrie distruttive e predatrici.

È ora di ricominciare ad affrontare le sfide ecologiche, puntando a costruire soluzioni reali ai problemi che ci affliggono. Tali nodi si superano introducendo misure già segnalate, come la protezione effettiva degli ecosistemi del paese e la deprivatizzazione dell’acqua tanto anelata dalla società civile, ma anche fissando nuovi obiettivi ecologici trasversali, coerenti con la portata della crisi che stiamo vivendo. Su questa strada si colloca il riconoscimento del diritto alla manutenzione, rigenerazione e recupero della Natura e la ricerca di politiche economiche locali e macroeconomiche che abbiano una vera prospettiva ecologica. Il motivo: senza dubbio, oggi il “verde” è una questione di vita o di morte!


[1] Fernanda Pérez, Accademica della Facoltà di Scienze Biologiche della Universidad Católica de Chile https://www.uc.cl/noticias/que-recomiendan-los-expertos-uc-para-prevenir-incendios-forestales-este-verano/

[2] Secondo lo studio più recente (2019) del World Resources Institute del Global Compact, il Cile si trova al diciottesimo posto, ovvero si tratta del paese dell’America Latina più colpito da questo fenomeno