Francia - La rivolta

20 / 10 / 2010

E' un movimento che blocca il governo.

Lo sciopero continua anche se la riforma sarà votata. Il Senato è disposto a lavorare il sabato e la domenica per farla passare ma Sarkozy è in trappola. Ordina ai gendarmi di aprire i depositi di carburante mentre il ministro degli interni è alle prese con gli accessi degli aeroporti bloccati da lavoratori di ogni categoria. Forse immaginano di chiudere in gabbia tutti quanti, in queste ore centinaia di studenti stanno comparendo davanti ai tribunali.

Nonostante i 1400 arresti in una settimana, i feriti, le provocazioni della polizia e gli scontri anche nei centri storici come a Lione, gli studenti alla vigilia delle vacanze restano mobilitati e straordinariamente creativi nelle azioni insieme ai lavoratori, entrambi protagonisti del conflitto. Molto spesso gli stessi lavoratori intervengono con le famiglie davanti ai licei per respingere gli attacchi della polizia.

Nei licei delle 'banlieues' la mobilitazione parte all'alba, all'arrivo dei plotoni di CRS (Compagnie Républicaine de Sécurité), il corpo speciale della polizia antisommossa. Naturalmenta la situazione spesso degenera ma gli studenti non esitano ad affrontare i poliziotti a parole, avvicinandosi per dir loro di andarsene e lasciarli protestare in pace. Molti giovanissimi non frequentano più il liceo, hanno abbandonato la scuola ma sono presenti perché vogliono essere ascoltati e si lamentano delle condizioni penose in cui sono tenute le scuole nei quartieri, del fatto che possono solo entrare negli istituti tecnici e che poi, una volta usciti, nessuno li vuole perché sono troppo giovani e abitano nelle 'cités'.

Partecipano organizzandosi perché la protesta contro la riforma delle pensioni tocca in particolare le famiglie dove c'è un solo reddito, o neanche quello, conoscono la riforma e parlano dell'impossibilità a lavorare fino a 67-70 anni in un contesto dove la disoccupazione non fa che aumentare.

Quasi tutti i licei delle 'banlieues' sono bloccati e prima delle manifestazioni gli studenti discutono nei quartieri e negli immobili dove abitano per evitare l'impatto violento con la polizia.

Tutti sono d'accordo nel dire che lo Stato non si occupa dei giovani e dei quartieri 'sensibili' considerate "spazzatura", e che arriva solo quando bruciano le automobili e le fermate degli autobus. Alcuni giovani "si difendono" e questo fa parte delle discussioni nei licei, come anche il fatto che nei licei sono mandati professori considerati inesperti o troppo giovani che se ne vanno presto e quindi gli alunni passano ore in classe a far niente.

Dicono, "I soldi circolano solo nelle zone residenziali... come per le pensioni, i privilegiati restano privilegiati e gli altri ne hanno abbastastanza di questa situazione. Per questo ci ribelliamo. A ciascuno i suoi metodi, se vai a scuola ti organizzi con calma, se non ci vai, è la guerra".

La protesta contro la riforma delle pensioni che tocca ogni angolo geografico del paese e ogni settore dell'economia francese segna un punto di non ritorno storico nella politica francese. Un governo inamovibile di fronte alle mobilitazioni che ritmano la vita sociale e poltica da un mese e mezzo ha spinto il paese verso il blocco economico. Milioni di cittadini chiedono di essere ascoltati e di riformare la riforma tenendo conto della realtà del lavoro e della formazione e non per difendere sulle barricate le ceneri di un modello ormai estinto di welfare 'alla francese' per il quale centinaia di migliaia di persone che scendono in piazza insieme ai più giovani hanno, peraltro, duramente lottato.

La riforma è ingiusta ed è da rifare, da discutere soprattutto con tutti, studenti compresi perché saranno loro ad essere chiamati in causa nel prossimo futuro. La questione a cui il governo è incapace di dare una risposta riguarda la politica sociale nel suo insieme e non solo le pensioni. Non è un problema che investe solo il governo francese, tutti i paesi europei dalla Spagna alla Germania, compresa l'Italia hanno modificato la durata del versamento dei contributi necessari per avere la pensione. Ma in Francia c'è stato un corto-circuito che ha coinvolto la popolazione su un terreno politico (80% dei francesi chiede una discussione al governo, oltre il 70% è d'accordo con la mobilitazione, il 60% vuole che lo sciopero continui anche se la riforma è votata) e non 'categoriale' rispetto ad un mercato del lavoro che, come altrove, dipende dall'economia finanziaria.

Una consapevolezza comune che con la riforma e attraverso la forzatura con cui è stata imposta - l'accelerazione del calendario del voto in Senato, la chiusura nei confronti del sindacato, la provocazione e la violenza contro gli studenti davanti ai licei, il disprezzo, le menzogne e la difesa dei privilegi di una minima parte della popolazione di fronte all'aumento della povertà e al dilagare del malessere sociale - si infierisce sul corpo sociale. Quel tessuto connettivo che è l'unico capitale che resta a chi si oppone non solo alla riforma ma anche alla politica della sicurezza e della divisione, alla politica xenofoba basata sull'identità nazionale, agli attacchi contro le popolazioni più fragili, sans-papiers o Rom, alla stigmatizzazione dei giovani e alla discriminazione delle donne, all'oblio dei disoccupati o delle lavoratrici e lavoratori poveri, quelli che hanno un salario troppo basso oppure che alternano lavori occasionali e stage.

Gli studenti liceali che si mobilitano non conoscono le lotte contro il CPE ma sanno cos'è la crisi, gli universitari, oggi coinvolti nell'opposizione alla riforma e alle politiche sociali del governo, sono studenti che lavorano ( il numero di giovani che accede e poi continua gli studi universitari è sempre più ristretto per motivi economici, di reddito).

Il sostegno agli scioperi è stato progressivo, più il governo si è irrigidito e più il consenso alla mobilitazione è aumentato. Anche se fare uno sciopero ad oltranza costa caro non solo in termini di salario. Il governo minaccia i lavoratori che fanno i blocchi con sanzioni penali gravi (prigione e rimborso dei danni), oltre a farsi parte civile, chiede anche quelle disciplinari come il licenziamento in tronco.

Il governo spera di poter adottare definitivamente la riforma entro il 28 ottobre al più tardi, ma ha perso: ieri ancora 3 milioni e mezzo di persone in piazza dopo sei settimane in 277 manifestazioni, 1200 licei in lotta, 20 università mobilitate di cui 20 occupate, un terzo delle stazioni di servizio a secco di carburante, i porti e le raffinerie che continuano lo sciopero, i depositi sbloccati con le forza dell'ordine e ribloccati uno dopo l'altro, gli aeroporti fermi anche oggi e i blocchi cittadini composti da lavoratori di ogni categoria, studenti, abitanti che sostengono la protesta contro il governo e parlano con gli automobilisti filtrando caso per caso, e spiegando perché il governo sta mentendo su tutto.