Università occupate a Padova e Venezia: "decolonizziamo i saperi, Palestina libera!"

2 / 11 / 2023

Dal 7 ottobre tutto il mondo è stato investito dalle immagini di ciò che accade ai confini tra Israele e Palestina. Dopo l’attacco di Hamas dalla striscia di Gaza, si sono aperti gli scenari più preoccupanti: mentre la risposta del governo di Nethanyau ha dichiarato una guerra senza precedenti che sta causando migliaia di vittime, feriti e sfollati tra la popolazione palestinese, avanza una narrazione politica che dalla maggior parte dei paesi occidentali sostiene e silenzia questo dispiegamento sproporzionato e genocida.

Una narrazione che coinvolge anche le istituzioni universitarie e gli atenei, ed è per questo che i collettivi universitari Li.S.C. e Spina hanno occupato le università a Venezia e Padova

Come avviene di fronte ad ogni guerra, anche oggi stiamo assistendo a uno schieramento geopolitico che ridefinisce gli interessi globali sulla vita di migliaia di civili innocenti, negando corridoi e aiuti umanitari sufficienti per tutta la popolazione civile colpita.

Solo poche ore fa un bombardamento israeliano ha colpito l’edificio di Gaza che ospitava varie organizzazioni umanitarie e giornalistiche, tra cui la fondazione CESVI, l’Agence France Press e il Centro Italiano di Scambio Culturale VIK. Il nuovo bilancio delle vittime di Gaza, pubblicato dal Ministero della Sanità palestinese, parla di 8.805 morti di cui 3.650 bambini e 2.252 donne. Sono 22.240 i feriti, tra i quali 7.468 bambini e 5.548 donne. Secondo i dati della Birzeit University, in questo quadro 432 membri della comunità educativa superiore della Striscia di Gaza, tra cui 420 studenti e 12 membri del personale accademico, sono stati uccisi dall'occupazione israeliana. Anche fuori di Gaza, in Cisgiordania, i dati sono drammatici: dallo scorso 7 ottobre sono stati uccisi almeno 117 palestinesi dagli spari dei soldati ma anche di coloni israeliani.

È notizia di oggi l’arresto di 60 persone in Cisgiordania, tra cui anche il rappresentante degli studenti della Birzeit University. L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari ha comunicato che dal 7 ottobre nella Cisgiordania occupata le violenze dei coloni - a causa delle quali dal 2022 quasi 2.000 palestinesi sono stati cacciati dalle proprie case - sono più che raddoppiate dall’inizio della guerra.

 Questi dati delineano un genocidio indiscriminato ai danni della popolazione palestinese, risultato di un piano di colonialismo che da 75 anni a questa parte viene sostenuto e finanziato dalla maggior parte dei paesi occidentali, nonostante l’ONU abbia riconosciuto l’illegalità dell’occupazione israeliana che costringe i territori palestinesi a vivere in uno stato di vera e propria apartheid.

Di fronte a questo quadro, i collettivi universitari Li.S.C. e Spina hanno deciso di lanciare un messaggio chiaro a partire dai nostri luoghi di studio e di vita: nelle università di Venezia e Padova, le assemblee lanciate per il pomeriggio di giovedì 2 novembre hanno creato un importante momento di confronto su ciò che sta accadendo in Palestina, decretando la necessità immediata di prendere una posizione chiara attraverso l’occupazione rispettivamente del Rettorato centrale di Ca’ Foscari e della facoltà di Scienze Politiche a Padova. L’Università e tutti i luoghi di formazione devono essere nuclei di lettura critica del presente e di costruzione propositiva del domani. Ciò che stiamo vivendo in questo momento, tra i grandi conflitti in atto nel mondo e una crisi socio-ambientale che investe anche i nostri territori, ci impone un’analisi critica necessaria alla costruzione di un futuro che può essere tale solo se libero dalle guerre, dai necolonialismi estrattivisi e dal sistema di speculazione bellica.

Accogliendo l’appello lanciato della Birzeit University di Ramallah che chiede alle istituzioni accademiche internazionali di intraprendere azioni concrete per fermare la guerra in atto, con le occupazioni di oggi i collettivi di Venezia e Padova intendono lanciare una richiesta chiara alle istituzioni universitarie: è necessario, ora più che mai, portare i luoghi di studio a prendere una posizione critica di fronte al genocidio palestinese e agli attacchi israeliani che stanno colpendo abitazioni, scuole, ospedali, organizzazioni umanitarie e luoghi di scambio e formazione culturale come il centro italiano VIK.

Alle nostre università chiediamo, attraverso il contributo della comunità accademica e dei lavori di ricerca, di costruire una narrazione lucida della situazione odierna e sottolineare la problematicità della guerra in atto, schierandosi contro l’attacco indiscriminato ai civili palestinesi, contro l’occupazione illegale israeliana e contro il fondamentalismo islamico di Hamas.

Chiediamo di prendere istituzionalmente le distanze dall’astensione dell’Italia alla risoluzione ONU per un cessate il fuoco, sollecitando una posizione governativa che sia per lo sviluppo della pace e non per la produzione e l’esportazione di armamenti necessari a questo e ad altri conflitti.

In questo senso chiediamo, inoltre, una maggiore trasparenza sulle partnership intrattenute dalle nostre Università con aziende che finanziano direttamente l’industria bellica, come Leonardo SPA, capofila nella produzione e nell’esportazione di armamenti bellici, recentemente fondutasi con un’omologa azienda israeliana. Qualora queste partnership esistano, chiediamo di cessarle immediatamente interrompendo collaborazioni lavorative e formative.

Sulla base di queste richieste i collettivi Li.S.C. e Spina decretano l’occupazione delle sedi universitarie come l’inizio di un percorso che a partire dai luoghi di formazione costruiscano critica e consapevolezza rispetto alla guerra in atto in Palestina. Da Venezia viene lanciato un appuntamento pubblico che mercoledì 8 novembre, alle ore 12.30, riunirà la comunità universitaria in un presidio aperto sotto il rettorato di Ca’ Foscari.

A Padova, in settimana, è stato lanciato un appello sottoscrivibile dalla comunità accademica per una presa di posizione da parte dell’ateneo.

Durante l’occupazione è stato richiesto un appuntamento con la rettrice ed è stata avanzata l’intenzione di mobilitarsi in occasione della seduta del senato accademico di martedì 9 novembre.