Irruzione militare nell’ambasciata messicana a Quito: si apre la crisi diplomatica tra Ecuador e Messico

7 / 4 / 2024

Nella notte tra il 5 e 6 aprile, un commando di forze speciali di polizia ed esercito ecuadoriano ha assaltato l’ambasciata messicana a Quito per arrestare l’ex vicepresidente Jorge Glas, accusato di corruzione, aggredendo il personale dell’ambasciata e lo stesso ambasciatore Roberto Canseco. Immediata è scattata la risposta di López Obrador che ha denunciato il grave atto di violazione del diritto internazionale e della sovranità messicana e ha annunciato l’immediata sospensione delle relazioni diplomatiche con l’Ecuador.

Jorge Glas, vicepresidente con Correa e Moreno, è stato coinvolto nella famosa inchiesta di corruzione Odebrecht, con le accuse di associazione illecita (nel 2017) e corruzione aggravata (nel 2020), per i quali è stato condannato a 6 e 8 anni di prigione. In carcere dal 2017, nel novembre del 2022 grazie a un habeas corpus presentato dal suo avvocato per motivi di salute gli è stata concessa la libertà provvisoria per adempimento parziale della pena. Il 17 dicembre Glas si rifugia nell’ambasciata del Messico a Quito per evitare l’arresto, chiesto da un giudice nel prosieguo delle indagini sulla corruzione. Inizialmente gli è concesso lo status di ospite nell’attesa di verificare la possibilità di concedergli l’asilo e solo nelle ultime settimane il presidente messicano López Pbrador ha annunciato la concessione dello stesso. Da qui scaturiscono gli eventi che hanno portato all’assalto all’ambasciata, all’aggressione nei confronti del capo cancelliere Roberto Canseco e del personale dell’Ambasciata e infine all’arresto di Glas, che nel giro di poche ore è stato trasferito a Guayaquil subendo, secondo alcune organizzazioni di difesa dei diritti umani, anche maltrattamenti.

Per la Presidenza ecuadoriana l’arresto di Glas è una difesa della sovranità nazionale, senza permettere a nessuno di interferire negli affari interni del paese: «nessun delinquente può essere considerato un perseguitato politico» scrive in un comunicato di rivendicazione dell’arresto la stessa Presidenza sui social. Di diverso avviso invece il Presidente messicano López Obrador, secondo cui l’azione del Governo di Noboa di fare irruzione all’interno dell’ambasciata messicana è «una flagrante violazione del diritto internazionale e della sovranità del Messico, per cui ho incaricato il nostro cancelliere di emettere un comunicato su questo fatto autoritario, procedere legalmente e dichiarare immediatamente la sospensione delle relazioni diplomatiche con il governo dell'Ecuador».

Nel Paese cresce la preoccupazione per la deriva sempre più autoritaria del Governo di Noboa che risponde con la forza delle armi ad ogni situazione, come dimostrato dalla vicenda di Palo Quemado, giustificandosi con lo stato di emergenza e di guerra armata interna. Per l’economista ed ex ministro dell’Energia Alberto Acosta l’azione autoritaria del Governo «non è un semplice errore, è l'imbecillità tipica di un governante mediocre, malato di potere, determinato a presentarsi come un duro, in cerca di guadagni elettorali». Sconvolto anche l’ex presidente Rafael Correa: «Ciò che ha fatto il governo di Noboa non ha precedenti nella storia latinoamericana. Nemmeno nelle peggiori dittature l'ambasciata di un paese è stata violata. Non viviamo uno stato di diritto, ma in uno stato di barbarie, con un improvvisato che confonde la Patria con una delle sue haciendas di banane».

Per la CONAIE «la violazione dell'ambasciata del Messico in Ecuador è un atto fascista di estrema gravità». Per l’organizzazione indigena «è preoccupante osservare come il governo autoritario e fascista dell'Ecuador ricorre alla forza per assicurare i suoi trofei politici. Questa flagrante violazione non solo colpisce le relazioni bilaterali tra Messico ed Ecuador, ma invia anche un messaggio pericoloso alla comunità internazionale». Leonidas Iza, presidente della CONAIE, sottolinea come «Noboa non è interessato a rispettare la legge o lo stato di diritto; il suo governo usa la forza e la violenza per imporre la sua volontà e i suoi interessi, oltre a perseguire i leader comunitari, politici e sociali. Questa azione disperata e irrazionale ha a che fare con la mancanza di sostegno alla consultazione referendaria».

Tanti - quasi tutti - i capi di Stato della regione che nel corso delle ore hanno espresso solidarietà al Messico e al suo Presidente: Lula dal Brasile, Xiomara Castro dal Honduras, Nito Cortizo da Panama, Bernardo Arevalo dal Guatemala, Nicolas Maduro dal Venezuela, Luis Arce dalla Bolivia, Gabriel Boric dal Cile e perfino Milei dall'Argentina, con cui nemmeno una settimana fa erano volati insulti via social. Più duro Gustavo Petro che ha ricordato come nel mezzo della barbarie vanno rispettati i precetti del diritto internazionale e annunciato che la Colombia si farà promotrice di un’azione legale davanti alla CIDH «in favore di Jorge Glas, il cui diritto di asilo è stato barbaramente violato». E a proposito di organismi internazionali, sulla questione è intervenuto anche il Segretario della OEA (Organizzazione degli Sfati Americani), Luis Almagro: in un lungo comunicato ha abbozzato una timida condanna dell’assalto all’ambasciata messicana ricordando che gli Stati membri devono rispettare la sovranità delle sedi diplomatiche e hanno il divieto di far valere norme interne rispetto a quelle del diritto internazionale.

I fatti dell’ambasciata messicana a Quito si inseriscono non solo in un contesto nazionale di guerra a los de abajo mascherata da “guerra al narco”, ma anche in un contesto continentale di sempre maggiore contrapposizione tra le esperienze moderate e progressiste e quelle ultra radicali conservatrici, orientate da Washington, che hanno visto Bolsonaro fare da apripista e di cui Noboa in Ecuador e Milei in Argentina, sono gli evidenti "eredi".