L’ultimo regalo di Trump il colonialista

20 / 1 / 2021

Si è da poco concluso il 2020: un anno che è destinato a segnare la storia dell’umanità. Tra pochissime ore giungerà a conclusione il mandato di Donald Trump come Presidente degli Stati Uniti d’America.

Nell’anno appena conclusosi, in tutto il mondo la pandemia ha messo a nudo le disuguaglianze esistenti - spesso rafforzandole - e la forza distruttiva del capitalismo razzista e predatorio.

Anche per i palestinesi il 2020 è stato un anno difficile. Un altro anno nel quale hanno dovuto fare i conti con Israele e le sue politiche di colonialismo, occupazione, discriminazione ed apartheid. Sebbene non ci siano state grandi operazioni militari, quello passato è stato per loro uno degli anni peggiori della storia più recente, al di là della crisi pandemica.

Donald Trump in questo ha avuto le sue responsabilità; di seguito annoveriamo solo alcune tra le principali.

A gennaio The Donald, grande amico del leader della destra israeliana e primo ministro Benjamin Bibi Netanyahu, dopo aver spostato nel 2018 l’ambasciata USA da Tel Aviv a Gerusalemme e dichiarato nel 2019 la legittimità delle colonie israeliane in Cisgiordania, ha pubblicato l’Accordo del Secolo: un piano che dà ad Israele l'approvazione per annettere tutta Gerusalemme e circa il 30% della Cisgiordania.

Subito dopo, in estate, ha portato a compimento una strategia diplomatica di normalizzazione delle relazioni internazionali con alcuni paesi arabi, tra cui le monarchie del golfo; normalizzazione conclusasi con gli Accordi di Abramo per la vendita di armi statunitensi e altri incentivi, progettati ad hoc per dare agli israeliani i benefici della pace mentre continuano a negarla a milioni di palestinesi insieme all’autodeterminazione, la libertà ed i diritti umani fondamentali.

Trump ha poi tentato di diffamare e sopprimere la campagna popolare di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) per i diritti dei palestinesi, etichettando il movimento come antisemita e togliendo i finanziamenti alle organizzazioni per i diritti umani che operano in Palestina, tra cui l’UNRWA.

Ricordiamo anche che nel gennaio del 2020 ha fatto uccidere il generale iraniano Qassem Soleimani.

Ed ecco servito l’ultimo regalo, a poche ore dalla fine del mandato presidenziale: l’appoggio alla costruzione di 780 insediamenti coloniali in Cisgiordania. Bibi ha l’appoggio del presidente USA uscente e fa questa mossa in zona Cesarini appena prima dell’insediamento di Joe Biden il quale, nonostante si sia palesemente dichiarato un sionista ed un amico di Israele, ha dichiarato più volte che la sua amministrazione si opporrà all’espansione coloniale in Cisgiordania.

È una mossa di propaganda elettorale per Netanyhau, in cerca di voti tra i coloni in vista delle prossime ed ennesime elezioni del 23 Marzo.

Quello del via libera alla costruzione di un numero imponente di nuclei abitativi coloniali è fenomeno non nuovo ma crescente, che è opportuno analizzare.

Recentemente si è discusso del position paper di B’Tselem sull’apartheid di Israele. Si tratta senza ombra di  dubbio di un ottimo punto di partenza per iniziare a chiamare pubblicamente i fenomeni con il nome più appropriato, soprattutto di fronte all’opinione pubblica internazionale, ma non è ancora abbastanza!

La politica di Israele va ben oltre l’apartheid; Israele è uno stato coloniale, si fonda sul sionismo e sul colonialismo predatorio di insediamento, praticando sia l'apartheid che l'occupazione permanente.

Il colonialismo d’insediamento ha permesso ad Israele di espropriare le case dei palestinesi e annientare, spesso anche fisicamente, le loro vite, appropriandosi con la forza delle terre e delle risorse necessarie per avanzare e proliferare ed alterando e cancellando la storia di un intero popolo nativo.

Israele fa questo quotidianamente da oltre settant’anni.

Per porre fine all’apartheid, dunque, bisogna prima essere consapevoli che il colonialismo è la causa primaria e bisogna iniziare il prima possibile un processo di decolonizzazione. Non dev’essere solo un esercizio intellettuale, ma deve diventare piano d’azione politica.

Ilan Pappé individua da sempre delle responsabilità europee nella costruzione della retorica sionista.L’Europa e l’occidente, secondo lo storico di fama mondiale, percepiscono la questione palestinese come un affare interno (dalla dichiarazione di Balfour al piano di partizione dell’Onu del 1947, agli accordi di Oslo, lo spostamento delle ambasciate, l’accordo del secolo, ecc.) e traslano questa rappresentazione su Israele. In tale visione - conclude Pappé – i palestinesi sono visti come migranti e non come nativi.

E ancora Lana Taour scrive su Middle East Eye “La decolonizzazione non è una metafora o una parola d'ordine alla moda. Sebbene non sia facilmente definibile, la decolonizzazione non è certamente un sinonimo di progetti liberali di uguaglianza, anche se viene sempre più sussunta come tale. A differenza dell'uguaglianza liberale, la decolonizzazione richiede lo smantellamento del colonialismo, delle sue istituzioni e delle sue logiche. La nostra libertà dipende da questo” -

Nel 2020 sono state 256 le colonie illegali sorte in Cisgiordania, equivalenti a oltre 12 000 unità abitative, che hanno elevato così a oltre 650 000 il numero dei coloni che occupano le terre sottratte ai palestinesi in Cisgiordania; per non parlare delle migliaia di demolizioni di case palestinesi; dei continui raid su Gaza; dei 30 palestinesi deliberatamente uccisi dalle forze di polizia e dai militari israeliani (di cui 9 bambini); degli oltre 9000 alberi d’ulivo sradicati; dei 440 prigionieri ancora in detenzione amministrativa senza capo d’accusa e dei 160 bambini nelle carceri israeliane; dei milioni di palestinesi profughi in giro per il mondo che attendono il diritto al ritorno; dei palestinesi – compresi quelli con cittadinanza israeliana, che rappresentano il 21% della popolazione dello stato sionista – lasciati fuori dal piano vaccinale anti covid-19.

Un futuro di giustizia deve partire dalla decolonizzazione della Palestina.