la Siria, scossa per ultima dalla Primavera araba a seguito delle torture inflitte ad alcuni studenti è ora in preda di una caotica e dilagante guerra civile

Siria, si profila una cantonizzazione del territorio

di Bz
13 / 3 / 2013

Esattamente due anni fa, da quel 15 Marzo del 2011, la Siria, scossa per ultima dalla Primavera araba a seguito delle torture inflitte ad alcuni studenti che avevano scritto graffiti anti-governativi, è ora in preda di una caotica e dilagante guerra civile. Almeno 100.000 persone, per la maggioranza civili, sono state uccise; decine di migliaia sono state ferite o arrestate ed oltre 400.000 hanno trovato rifugio regolare nei paesi limitrofi, mentre altrettanti, se non di più, sono emigrati clandestinamente, si stimano in oltre un milione le persone fuori uscite dalla Siria dall’inizio del conflitto.

Il Consiglio Nazionale Siriano Rivoluzionario, parzialmente riconosciuto dalle diverse Nazioni occidentali (Inglesi, Francesi e Turchi) e da numerosi paesi arabi del Golfo, ieri ha nominato il suo ministro degli Esteri, vicino ai Fratelli Mussulmani, incaricato di rappresentare le ‘zone liberate’, ciò a seguito degli accordi scaturiti dalla visita in Medio Oriente e in Europa del segretario di Stato USA John Kerry.

Molti degli eterogenei gruppi islamici combattenti in Siria tuttavia  non riconoscono tale Governo, né la coalizione che lo appoggia, proprio la spinta eterogeneità dei rivoltosi, fra cui alcuni gruppi di al-Qaeda, ha rallentato gli aiuti – in denaro e armi – provenienti dai predetti Paesi, nel timore che finissero nelle mani di gruppi jihadisti senza controllo. In effetti, molti combattenti provengono dal Medio Oriente, dal Nord Africa e perfino dai teatri afgani ed iracheni; inoltre la caotica presenza di sette e religioni in tale contesto (Alawiti, Cristiani, Drusi, Curdi, Palestinesi, ecc) non agevola una qualche coesione fra i rivoltosi, anzi quello che si intravvede è una frammentazione della Siria, con la possibile formazione di cantoni etnico religiosi in continua tensione tra loro.

Questa situazione aggrava la crisi siriana, con le conseguenze laceranti proprie di una guerra civile che protraendosi nel tempo, sta diventando, sempre più, una guerra di tutti contro tutti, dove le diverse potenze economico militari dell’area agiscono per interposta milizia armata, tentando di salvaguardare ciascuno i propri interessi: la Turchia tiene d’occhio i Kurdi e le acque; L’Iran e Iraq si contendono i progettati oleodotti e il mercato delle armi; mentre il Libano e la Giordania sono quotidianamente coinvolti nel conflitto, tanto più dopo che è di pubblico dominio che contractors e/o esperti militari occidentali stanno addestrando il futuro Esercito Libero Siriano.

Mentre Israele lancia avvertimenti sull'estendersi oltre le linee del Golan della guerra civile siriana, gli esperti militari israeliani intendono creare una fascia cuscinetto a ridosso delle alture del Golan e mettono in rilievo che se da un lato l'eventuale uscita di scena di Assad significherà la tanto desiderata fine dell'alleanza tra Damasco e Tehran, dall'altro Israele dovrà abituarsi a convivere con la presenza di gruppi islamisti radicali fuori controllo lungo le linee di armistizio, come ha dimostrato il rapimento dei 21 osservatori dell'Onu, da qualche giorno rilasciati. Tutto ciò nel quadro di una soluzione "politica" in discussione tra Mosca e Washington. Secondo Zvi Magen, un'analista senior dell'Institute for National Security Studies di Tel Aviv, i russi alleati di Assad avrebbero accettato l'idea di una fine a tappe del regime di Damasco in cambio dell'assicurazione ricevuta dagli americani sostenitori dei ribelli, che potranno continuare a curare i loro interessi nella regione.

Intanto il massacro di civili continua contando centinaia di morti e feriti a forza di attentati, incursioni armate e bombardamenti.